America Latina. Focus America Centrale (continentale) 2016

image_pdf

Photo credit © D-maps

 

A cura di William Bavone
william.bavone@libero.it

Nomi ufficiali: Belize (Reame del Commonwealth), República de Costa Rica, República de Guatemala, República de Honduras, República de Nicaragua, República de Panamá, República de El Salvador.
Lingue ufficiali: Spagnolo e Inglese (Belize)
Capitali: Belmopan (Belize), San José (Costa Rica), Città del Guatemala (Guatemala), Tegucigalpa (Honduras), Managua (Nicaragua), Città di Panama (Panamá), San Salvador (El Salvador).
Forme di governo: Repubblica presidenziale, Monarchia parlamentare (Belize).
Presidenti in carica: Elisabetta II – Governatore: Colville Young (Belize), Luis Guillermo Solís (Costa Rica), Jimmi Morales (Guatemala), Juan Orlando Hernández (Honduras), Daniel Ortega (Nicaragua), Juan Carlos Varela (Panamá), Salvador Sánchez Cerén (El Salvador).
Superficie regionale totale: 524.182 km2
Popolazione regionale totale: 42.776.711 ab.
Valute: Dollaro del Belize (Belize), Colón costaricano (Costa Rica), Quetzal guatemalteco (Guatemala), Iempira (Honduras), Córdoba (Nicaragua), Balboa panamense (Panamá), Colón salvadoregno [di fatto fuori corso] + Dollaro statunitense (El Salvador).
PIL:
Belize 1,753 miliardi $
Costa Rica 54,14 miliardi $
Guatemala 63,79 miliardi $
Honduras 20,42 miliardi $
Nicaragua 12,69 miliardi $
Panamá 52,13 miliardi $
El Salvador 25,85 miliardi $
Tassi di crescita:
Belize 1%
Costa Rica 3,7%
Guatemala 4,1%
Honduras 3,6%
Nicaragua 4,9%
Panamá 5,8%
El Salvador 2,5%
Inflazione:
Belize -0,9%
Costa Rica 0,8%
Guatemala 2,4%
Honduras 3,2%
Nicaragua 4%
Panamá 0,1%
El Salvador -0,7%
Tempistiche avvio business:
Belize 42,8 giorni
Costa Rica 22,5 giorni
Guatemala 19,5 giorni
Honduras 13 giorni
Nicaragua 13 giorni
Panamá 6 giorni
El Salvador 15,5 giorni


SITUAZIONE POLITICA
Dal Consiglio Civile per la Sicurezza Pubblica e la Giustizia Penale (Messico) arrivano annualmente le statistiche sul triste ranking delle città più violente al mondo. La classifica vede una forte componente latino-americana (84%). Se escludiamo dall’analisi il Brasile, la componente latina scende al 42%. Escludendo i più famigerati Messico, Venezuela (Caracas nel 2015 ha raggiunto il primato con un tasso di violenza del 119,87%), Colombia e Caraibi, troviamo la componente centroamericana che corrisponde all’8% del totale. Considerando la ridotta dimensione geografica e demografica di Paesi come El Salvador, Honduras, Guatemala, Nicaragua, Costa Rica e Panamá si capisce come l’incidenza sia ben più rilevante dei Paesi latino-americani più noti a livello internazionale.
Se al primo posto di questa classifica troviamo la capitale venezuelana Caracas, al secondo posto compare la città honduregna di San Pedro Sula, con un tasso di violenza pari al 111,03%. A seguire San Salvador, in El Salvador, con il 108,54%, e al sesto posto Distrito Central, altro centro dell’Honduras, con un tasso di violenza del 73,51%. Città del Guatemala si attesta al venticinquesimo posto con un tasso del 47,17%.
Lo stato di salute delle società dell’America Centrale, quindi, è deficitario e spinge parte della popolazione a cercare nuove destinazioni per cercare maggior fortuna. I flussi migratori sono molto alti e interessano il Messico, come Paese di transito, e gli Stati Uniti, vera e propria meta finale, con l’aggravante di rimpinguare le casse della criminalità organizzata che ha dato vita ad un vero e proprio business basato sulla gestione dell’immigrazione clandestina.
Poche sono le opportunità di crescita in loco a causa della scarsa tutela della forza-lavoro e all’incentivo alla specializzazione professionale. L’idea di fondo è quella di offrire il più alto numero di incentivi possibili all’ingresso di investimenti esteri ma a farne le spese è ovviamente la popolazione locale. Concessioni e agevolazioni fiscali la fanno da padrone ed interessano in prevalenza il settore estrattivo e quello agricolo. Una piccola eccezione è quella del Nicaragua che, a differenza degli altri Paesi, gode di un sistema politico meno propenso alla completa liberalizzazione. In generale, dunque, è evidente che la maggior parte dei Paesi centroamericani preferisca ottimizzare il rendimento nel breve-medio periodo, sacrificando una progettualità politico-economica di medio-lungo periodo, rendendoli sostanzialmente incapaci di imprimere sostenibilità ed equilibrio al proprio modello di sviluppo.

PROSPETTIVE ECONOMICHE
Anche per la posizione strategica, sospesa tra l’Oceano Atlantico e quello Pacifico, le dinamiche internazionali hanno importanti ripercussioni sulle economie locali. Lo scorso anno, la riduzione dei prezzi dovuta al rallentamento dell’economia globale ha determinato una caduta dell’export del 17% a Panamá e di circa il 10% in Guatemala, Nicaragua e Honduras. Solo El Salvador e la Costa Rica hanno registrato una crescita dell’export intorno al 3%. L’import è aumentato solo in Nicaragua e in Honduras, ma sempre al di sotto dell’1 %.
I flussi migratori, invece, contribuiscono con notevoli volumi di rimesse cresciuti nel 2015 in quasi tutti i Paesi della regione, lasciando presumere un aumento della popolazione emigrata nell’anno precedente. Le rimesse dall’estero hanno infatti subito variazioni positive importanti per il Guatemala (+19,8%), l’Honduras (+6,5%), El Salvador (+6,8%) e il Nicaragua (+5,8%), mentre la Costa Rica ha segnato una contrazione compresa fra l’8 e il 9%.
La caduta del prezzo del petrolio e varie azioni di svalutazione monetaria hanno contribuito in questi Paesi ad accrescere il mercato interno, facendo registrare nel 2015 una crescita media del PIL pari al 4,7%, con un’oscillazione che va dal +5,8% di Panamá al +2,5% di El Salvador, ed rapporto debito/PIL medio notevolmente inferiore al 50%, racchiuso tra il massimo valore di El Salvador (45,2%) ed il minimo valore del Nicaragua (31,4%).

OPPORTUNITÀ PER L’ITALIA
Parliamo di Paesi che offrono soprattutto importanti soluzioni a basso costo per l’industria agroalimentare e, più precisamente, quella dell’ortofrutta. Pertanto, i margini di investimento sono ridotti ad un comparto che, per l’imprenditoria italiana, ancor prima delle agevolazioni fiscali e del costo della manodopera, si assume tradizionalmente l’onere della garanzia di sicurezza. Dalla stringenza di queste indicazioni, si distacca ovviamente Panamá che grazie al suo canale di navigazione offre interessanti prospettive di operatività in loco per soluzioni logistiche, infrastrutturali e nell’ambito delle telecomunicazioni, oltre che le note capacità a livello creditizio e finanziario.


Per la Costa Rica, banane e frutti tropicali costituiscono il 14,2% dell’export mentre il caffè solo l’1,7%. Per l’export guatemalteco hanno rilevanza le banane (7,7%), il caffè (6,5%) e lo zucchero (8,6%), per un più generico impatto del settore agroindustriale pari al 42% sull’export totale. In Honduras, caffè e banane contribuiscono per il 12,9% delle esportazioni complessive, tuttavia è il settore tessile a farla da padrone dal momento che, in forma aggregata, raggiunge il 39% del totale, seguito dal settore agroindustriale con il 22,3%. In Nicaragua il caffè, da solo, costituisce l’8,1% della merce esportata, ma anche qui è il settore tessile ad avere la predominanza sul totale con un dato del 28%. A Panamá, il 5,3% del valore della merce in uscita è costituito da banane – settore agroindustriale aggregato pari al 12,2% – ma ad avere maggior peso è il settore minerario, che contribuisce per il 30% sul totale. El Salvador ha un comparto agroindustriale capace di generare il 14,8% del valore ottenuto dalle esportazioni, capitanate dal settore tessile (44%). Infine, il Belize fonda la sua economia sul settore agroindustriale ed ittico, che in forma aggregata costituiscono addirittura il 66% delle esportazioni. I mercati di riferimento sono stabiliti da ovvi criteri di prossimità: la stessa America Centrale, il Nordamerica e i Caraibi.


© Riproduzione riservata

Gli altri focus sull’America Latina
Brasile
Cile
Messico
Cuba
Argentina
Colombia
Perù
Venezuela
Bolivia




Ottimizzato da Optimole