A cura di William Bavone
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Nome ufficiale: República de Colombia
Lingua ufficiale: Spagnolo
Capitale: Bogotà
Forma di governo: Repubblica presidenziale
Presidente in carica: Juan Manuel Santos
Superficie: 1.141.748 km2
Popolazione: 48.228.704 ab.
Valuta: Peso colombiano (COP)
PIL: 292,08 miliardi $
Agricoltura: 6,8%
Industria: 34%
Servizi: 59,2%
Export: 14,7%
Import: 24,2%
Tasso di crescita: 2,3%
Inflazione: 7,3%
Tempistica avvio business: 11 giorni
SITUAZIONE POLITICA
La condizione di guerriglia ha spinto il governo ad attivare piani di contrapposizione bellica al fine di neutralizzare i rivoltosi e liberare il territorio. Nel tempo, la presenza delle FARC è stata inquadrata nell’ambito della proliferazione di organizzazioni criminali dedite al narcotraffico. In questo modo, il governo ha potuto inserire i programmi antiguerriglia nei più articolati piani antidroga, usufruendo così di un maggiore supporto finanziario e logistico da parte dei partner internazionali che hanno garantito a Bogotà il loro aiuto nel tentativo di arginare il traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Gli Stati Uniti, in tal senso, hanno avviato nel 1999 il Plan Colombia, rafforzato a seguito dell’11 settembre 2001 con il riconoscimento delle FARC quale organizzazione terroristica.
Nella politica di contrapposizione violenta sono stati commessi errori, come ad esempio la predisposizione di compensi pecuniari per l’uccisione dei guerriglieri. Tale manovra, avviata dall’ex presidente Alvaro Uribe (2002-2010), viene oggi ricordata come la causa principale dello scandalo dei cosiddetti falsos posoitivos, ovvero la mattanza di agricoltori e semplici civili da parte di alcuni soldati colombiani che poi si premuravano di travestirli post-mortem da guerriglieri, per presentarli ai propri superiori ed ottenerne il corrispettivo economico: una pagina nera nella storia del Paese, nel quadro di un confronto armato che dagli anni Sessanta ad oggi ha fatto del territorio colombiano un luogo pericoloso ed instabile tra migliaia di morti, desaparecidos e persone coercitivamente allontanate dalle zone rurali occupate. Contrariamente a quanto previsto, la situazione creatasi ha paradossalmente contribuito al proliferare del narcotraffico e dei gruppi paramilitari, anziché combatterli, abili nell’accrescere il proprio volume di affari, approfittando della distrazione dei due contendenti, cioè il governo e la guerriglia politica.
Oggi, la storia potrebbe essere riscritta ed il Paese riscoprirsi più prudente e attento in termini di sicurezza e vivibilità. Lo stato di diritto, per merito del presidente Juan Manuel Santos, in carica dal 2010, e della sua ostinazione nel voler ricercare una soluzione diplomatica al conflitto, potrebbe garantire alla Colombia un ricollocamento positivo nella rete globale. Grazie al suo lavoro, Santos ha ottenuto, con ragione, il Premio Nobel per la Pace nel 2016 e la Colombia potrebbe ben presto rielaborare la propria strategia economica.
PROSPETTIVE ECONOMICHE
La Colombia è stata recentemente definita dal Fondo Monetario Internazionale un attore dall’economia stabile e sicura, sebbene tale descrizione strida ancora con i già osservati fattori di instabilità che per ora ne ridimensionano l’appetibilità. Investire in un paese sicuro e pacificato fornisce chiaramente maggiori garanzie di medio e lungo periodo al capitale investito. Ecco perché la definizione costituzionale della pace nel Paese rappresenta un importante punto di svolta ed un fattore fondamentale nel progressivo processo di miglioramento del clima per gli investimenti.
Eventuali partnership italiane con le fiorenti aziende locali potrebbero interessare il comparto agroalimentare, così come la progettazione infrastrutturale ed il rinnovamento industriale della Colombia. La pace, dunque, si pone quale catalizzatore di nuove risorse finanziare da sfruttare in termini manifatturieri e di risorse umane, che permetterebbe al Paese l’assorbimento della forza-lavoro inoccupata e un grande investimento pubblico nella formazione di nuove figure qualificate e ad alto livello professionale, per la partecipazione attiva nel sistema produttivo nazionale.
Per quanto riguarda la bilancia commerciale, la Colombia è in disavanzo dal 2014. Le esportazioni colombiane riguardano per il 45% petrolio grezzo, per il 13% mattonelle di carbone, per il 4,7% caffè, per il 4,9% petrolio raffinato, per il 2,4% fiori e per il 3,1% oro. Le importazioni registrano una maggiore varietà, con la prevalenza di petrolio raffinato (12%), prodotti ad alto contenuto tecnologico (oltre il 10%), prodotti chimici e farmaceutici (oltre il 6%). Mercato di riferimento, per dimensioni e prossimità, resta quello statunitense, che assorbe il 26% delle esportazioni colombiane e fornisce il 29% della merce in ingresso nel Paese latino-americano. A seguire la Cina, che singolarmente assorbe il 10% delle esportazioni colombiane rappresentando il 19% delle sue importazioni.
OPPORTUNITÀ PER L’ITALIA
Le relazioni bilaterali tra l’Italia e la Colombia appaiono molto buone ed in occasione dell’incontro tra Juan Manuel Santos e Matteo Renzi nel 2015 si sono approfondite nuove partnership commerciali, con particolare riferimento allo sviluppo infrastrutturale del Paese sudamericano. Proprio questo settore merita particolare attenzione alla luce degli sviluppi politici interni. Il conseguimento della pace può aprire nuovi scenari di investimento nella rete di connessione infrastrutturale con l’entroterra colombiano, dando anche vita a nuovi poli industriali in zone prima poco sicure.
Il settore agroindustriale potrebbe giovarsi in tal senso della biodiversità offerta dal Paese. Infine, di particolare rilievo strategico sono le connessioni commerciali con il resto del mondo. Bogotà partecipa all’Alleanza del Pacifico, un progetto regionale che include anche il Perù, il Messico e il Cile, e che guarda soprattutto all’implementazione dell’interscambio con i mercati asiatici.
La collocazione geografica della Colombia ha in sé un grande potenziale. Il Paese è infatti un approdo sul Mar Caraibico e sull’Oceano Pacifico, per un facile accesso ai più grandi mercati del pianeta, sia in Nord America che in Estremo Oriente.
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