America Latina. Focus Cuba 2016

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Photo credit © D-maps

 

A cura di William Bavone
william.bavone@libero.it

Nome ufficiale: República de Cuba
Lingua ufficiale: Spagnolo
Capitale: L’Avana
Forma di governo: Repubblica socialista monopartitica
Presidente in carica: Raúl Castro
Superficie: 110.860 km2
Popolazione: 11.389.562 ab.
Valuta: Peso cubano
PIL: 77,15 miliardi $
Agricoltura: 5%
Industria: 20,5%
Servizi: 74,5%
Export: 24,1%
Import: 20,2%
Tasso di crescita: 2,4%
Inflazione: 2,7%
Tempistica avvio business:


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SITUAZIONE POLITICA

L’isola caraibica è, come risaputo, uno dei Paesi latino-americani a più alto livello di presenza dello Stato nell’attività economica. Dal 2008 in poi è stato attivato un piano di riqualificazione, con l’obiettivo di aggiornare il sistema economico alle nuove dinamiche internazionali. Rilevante, in tal senso, lo sforzo per ridurre il volume del pubblico impiego in favore di un aumento del peso dell’iniziativa privata per una manovra generale dal doppio risvolto: snellire i costi pubblici ed imprimere dinamismo al mercato.
Cuba, d’altra parte, spinge con le sue normative riformiste ad incentivare la nascita di cooperative in quanto sistemi di aggregazione economica privata maggiormente in linea con i fondamenti della struttura politica socialista del governo di Raul Castro. Luogo comune, nel Vecchio Continente, è quello di considerare la visita ufficiale del presidente statunitense Obama del marzo scorso a L’Avana come un evento che ha sancito la fine dell’embargo. Si tratta in realtà di una semplificazione perché, pur avendo registrando l’avvio di un processo di normalizzazione nei rapporti, su Cuba permane ancora l’embargo statunitense senza alcuna eccezione. Del resto, anche la normalizzazione diplomatica procede molto a rilento, malgrado i sensazionalismi generati dalle immagini che ritraevano Raul Castro e Obama insieme.
L’attuale stallo è dovuto prevalentemente al veto del Congresso USA, dove particolari logiche incrociate si oppongono a tale apertura. Innanzitutto permane ancora una forte influenza da parte degli esuli anticastristi residenti in Florida. Questi gruppi di derivazione cubana sono riusciti ad amministrare con astuzia le risorse finanziare che le varie amministrazioni statunitensi hanno garantito loro nel corso degli anni Settanta, Ottanta e Novanta per sostenere la militanza anticomunista, operativa su più versanti: mass-media, anti-spionaggio, sostegno ai dissidenti residenti a Cuba, boicottaggio internazionale del governo cubano. La capillarità degli anticastristi in Florida ha trasformato questa stessa compagine in un’influente lobby politica ed economica. Oggi, pur essendone diminuita l’influenza, il finanziamento verso questi gruppi ed il loro peso politico-economico resta solido.
Si tenga presente inoltre che, in caso di rimozione dell’embargo, gli stessi esuli con ogni probabilità chiederanno di riappropriarsi dei beni immobili e finanziari abbandonati al momento della loro fuga da Cuba: una questione che aprirebbe un nuovo e lungo capitolo per la normalizzazione dei rapporti tra L’Avana e Washington. Fra coloro che potrebbero ricorrere in sede legale vi è la Bacardi, una multinazionale che oggi ottiene grandi profitti proprio grazie all’esistenza dell’embargo. La Bacardi, con l’ascesa di Castro, ha abbandonato la propria distilleria per ricollocarsi in un’altra isola caraibica e da allora non ha mai più fatto ritorno a L’Avana. Questa separazione ha permesso la nascita del brand cubano Havana Club. Tuttavia uno dei tratti distintivi del cosiddetto bloqueo è che nessun bene di provenienza cubana può essere commercializzato sul mercato statunitense, un fattore che per aziende come la Bacardi ha significato l’acquisizione della leadership all’interno del mercato a stelle e strisce, proprio a discapito di Havana Club o di altri rum cubani.
L’impossibilità di accedere al mercato statunitense, inoltre, fa sì che nemmeno il marchio possa essere regolarmente registrato in quel Paese, consentendo ad altri competitor di appropriarsene, al punto che proprio Bacardi piazza negli Stati Uniti alcuni prodotti con marchio Havana Club. Questa specifica questione è ormai da anni al vaglio della giurisdizione statunitense, che ha fatto intendere di prendere seriamente in carico le rimostranze dell’azienda cubana. Ecco quindi uno degli effetti concreti dell’embargo unilaterale, ovvero la sottrazione di un mercato importante alle aziende isolane che, per prossimità geografica e dimensioni, vorrebbe dire penetrarvi con prodotti altamente competitivi in termini di prezzo al consumo.
Altri problemi più generali legati all’embargo riguardano le importazioni e l’accesso al credito. I vettori che trasportano merci da e verso Cuba sono regolarmente sanzionati dal Washington e, anche se queste merci dovessero giungere sull’isola, le imprese coinvolte ed il governo cubano avrebbero non poche difficoltà per il pagamento in valuta estera, dal momento che la circolazione del dollaro a Cuba è pressoché bloccata dall’embargo. Nessun istituto di credito internazionale può elargire prestiti verso l’isola, pena multe salatissime. Laddove l’istituto di credito decidesse di assumersi il rischio, sarebbe obbligato a richiedere altissimi tassi di interesse rendendo insostenibile la situazione debitoria per Cuba: un particolare che si rispecchia anche nella contrattazione con i vettori navali i quali, per assumersi il rischio di trasportare la merce cubana, richiedono alti prezzi di commissione che a loro volta vanno a ridurre notevolmente la competitività commerciale dei prodotti isolani.

 

PROSPETTIVE ECONOMICHE

L’export cubano registra la prevalenza dei prodotti agroalimentari quali la canna da zucchero (23%), il tabacco (14%) e i distillati (6,7%), mentre nell’import prevalgono le attrezzature meccaniche (22%). I poli di riferimento per il commercio estero sono l’Unione Europea e la Cina. Il colosso asiatico assorbe il 18% dell’export cubano ed altrettanto dell’import. Dal versante europeo, invece, Olanda (9%) e Spagna (8,1%) primeggiano come Paesi di destinazione del Made in Cuba, mentre in ingresso sono i prodotti spagnoli (16%) ed italiani (5,1%) a spiccare sugli altri. È interessante anche sottolineare come, se da un lato a Cuba è vietato ogni genere di esportazione nel mercato statunitense, da questo giunge il 4,9% dell’import nazionale, un fattore dannoso per la bilancia commerciale.
Allettante dal punto di vista economico resta l’apertura – seppur timida – del governo all’iniziativa privata ma c’è molto di più. Negli ultimi anni sono state attivate due iniziative collaterali che fanno dell’isola un luogo dagli interessanti sviluppi. In primis è stato riqualificato ed ampliato il Porto di Mariel (in partnership con il Brasile), un hub dall’indubbio valore strategico vista la vicinanza geografica agli Stati Uniti e al Canale di Panama. Quest’ultimo, ad oggi, resta l’unico collegamento capace di connettere agevolmente l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico senza passare lungo le gelide e impervie acque dell’Argentina meridionale e del Cile. Il Porto di Mariel, dunque, acquisisce una centralità assoluta nella rete dei flussi commerciali al punto che sarà dotato di una Zona Franca, ancora in fase di progettazione, nelle immediate vicinanze. L’area qui indicata è stata concepita proprio per concentrarvi gli investimenti provenienti dall’estero, suscitando l’interesse della Russia e degli stessi Stati Uniti, pronti ad investire in loco. Ovviamente, le aziende statunitensi restano ancora oggi penalizzate dal persistere dell’embargo. La privatizzazione controllata e la normalizzazione dei rapporti con Washington hanno sicuramente aperto interessanti scenari in ambito turistico, laddove i principali gruppi alberghieri statunitensi si sono subito prestati ad un approfondimento per lo sviluppo di joint-venture potenzialmente redditizie.

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OPPORTUNITÀ PER L’ITALIA

Proprio il processo riformista interno e il contesto internazionale di apertura alla riabilitazione di Cuba agli occhi di Washington ha spinto numerose Camere di Commercio italiane ad attivare negli ultimi anni conferenze, workshop e sportelli informativi sul mercato cubano. Nel rapportarsi con l’isola caraibica, tuttavia, occorre tener presente, per le attività sviluppabili in loco, che la regione è soggetta ad uragani nel periodo compreso tra giugno e novembre. Cuba è un ottimo mercato per esportare beni provenienti dal settore agroindustriale e dal settore industriale. Quest’ultimo settore ha ottimi margini di profitto, vista la necessità dell’isola di sviluppare un sistema produttivo interno in linea con gli standard di efficienza ed efficacia del mercato globale. Il Paese offre altresì importanti spunti per la cooperazione in ambito medico e del welfare. In medicina, la preparazione dei medici cubani è sinonimo di alta qualità e professionalità tanto da rappresentare uno dei “prodotti” maggiormente esportati nel mondo, mentre il welfare cubano, sebbene opinabile sotto alcuni aspetti (ad esempio per l’eccesso di dipendenti pubblici), sotto altri resta eccellente ed ineguagliabile, in particolare per quanto riguarda la sanità e l’istruzione, gratuite ed accessibili dalla totalità della popolazione.
La cultura è un altro potenziale spazio di cooperazione così come ovviamente, ed in modo più ampio, il settore turistico. Cuba resta oggi una grande opportunità repressa a causa dell’embargo che ne limita ampiamente ogni possibile interazione. Sicuramente il processo di normalizzazione dei rapporti tra L’Avana e Washington va osservato costantemente perché la definizione della fine dell’embargo potrebbe aprire possibilità per lo sfruttamento delle quali è fondamentale essere in prima linea. La fine dell’embargo resta poi anche la fine di un’ingiustizia che non ha più ragione di esistere.



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