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A cura di William Bavone
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Nome ufficiale: Estados Unidos Mexicanos
Lingua ufficiale: Spagnolo
Capitale: Città del Messico
Forma di governo: Repubblica federale presidenziale
Presidente in carica: Enrique Peña Nieto
Superficie: 1.972.550 km2
Popolazione: 127.017.224 ab.
Valuta: Peso messicano
PIL: 1.144,33 miliardi $
Agricoltura: 3,7%
Industria: 32,7%
Servizi: 63,6%
Export: 35,3%
Import: 37,5%
Tasso di crescita: 2,5%
Inflazione: 2,5%
Tempistica avvio business: 6,3 giorni
Città del Messico racchiude in sé tutti i paradossi dell’America Latina e della sua storia. Con il senno di poi, se i britannici avessero colonizzato le sponde del Golfo del Messico e gli spagnoli avessero invece preso possesso dei territori a nord della Florida, con ogni probabilità oggi parleremmo degli Stati Uniti del Messico come di un Paese con una superficie ben più ampia di quella che ricade attualmente sotto la giurisdizione di Washington. Approcci coloniali distinti quello britannico e spagnolo, che hanno finito col favorire lo sviluppo dei territori anglofoni proprio a discapito dell’immensa estensione del territorio messicano. Espansionismo contro ripiegamento per un’evoluzione storica che ha arrestato il proprio dinamismo a ridosso del Rio Grande, fiume che oggi descrive perfettamente la distinzione tra l’uno e l’altro Paese. A nord, la ricchezza ed il cuore pulsante del potere globale, a sud la dipendenza di una nazione costretta a seguire la scia delle dinamiche politiche ed economiche dell’imponente vicino.
Il Messico ha anche cercato di trarre massimo profitto dalla prossimità geografica alla prima potenza mondiale ed infatti, per decenni, ha sviluppato un’economia accessoria a quest’ultima, capace di riversare sul mercato statunitense oltre l’80% del proprio export: una condizione che ha reso quasi ininfluente l’Accordo Nord-Americano di Libero Scambio (NAFTA) del 1994, quanto meno rispetto alla situazione preesistente, e pertanto un fallimento di fatto per il popolo messicano che nutriva grandi aspettative nell’intesa con Washington e Ottawa. Invece, la scelta di non diversificare i propri partner commerciali unita alla mancata innovazione del proprio sistema produttivo, basato sui semilavorati da inserire nei circuiti manifatturieri statunitensi, ha determinato un forte contraccolpo economico al momento dello scoppio della crisi internazionale nel 2008 e l’ascesa di economie emergenti come la Cina e l’India, capaci di competere fortemente in ogni settore ed erodere, nella fattispecie, parte della quota di mercato statunitense detenuta dalla stagnante economia messicana.
Tutto evolve ed ovviamente occorre grande prontezza e flessibilità per saper rispondere alle repentine variazioni di un mercato globale in cerca di un nuovo assestamento. Molto dura è quindi la missione intrapresa nel 2012 dal presidente Enrique Peña Nieto e dal suo Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) che, pur mantenendo fede alla propria impronta neoliberale, ha inteso ridurre lo status di “paese dipendente” dall’economia del più forte vicino. Non mancano le critiche e i punti d’ombra, in particolare il definitivo smantellamento del settore energetico nazionale in favore di concessioni di sfruttamento assegnate a Paesi terzi, più remunerative ma soltanto nel breve periodo. La scelta ha finito col trasformare un Paese detentore di risorse petrolifere in un importatore netto.
Restano irrisolti, inoltre, i problemi legati all’immigrazione e al traffico di droga, due temi fortemente condizionati dalla prossimità agli Stati Uniti, che continuano a rappresentare una speranza per i tanti indigenti che dall’America Centrale inseguono ancora il celebre “Sogno Americano”, ma anche un fertile mercato di consumo degli stupefacenti, specie nelle metropoli della West Coast e del Midwest, sospese tra il benessere accumulato nel secolo scorso e la paura per l’assenza di prospettive di ripresa concrete. I cartelli della droga hanno di fatto il controllo della maggior parte delle municipalità del Messico, così come le organizzazioni che gestiscono il redditizio business del traffico di persone che illegalmente cercano di superare il confine murato ed entrare negli Stati Uniti, inficiando gravemente gli standard di sicurezza e di vivibilità del Paese ispanico, ormai noto nel mondo per gli alti valori nei ranking internazionali dedicati a violenza e omicidi.
PROSPETTIVE ECONOMICHE
Il Messico cerca nuovi partner nel mondo attivando diversi programmi di sviluppo capaci di attrarre investimenti esteri con l’auspicio di diversificare non soltanto i mercati di riferimento ma anche il proprio apparato produttivo. La fotografia del mercato messicano nel 2014 delinea il Paese come esportatore di computer (4,6%), cellulari (3,9%), cavi isolati (2,8%), automobili (8,2%), ricambi (5,7%), veicoli commerciali (5,7%) e veicoli agricoli (2,1%) per un settore tecnico e componentistico che impatta sull’export totale per il 58%. Deficitario è invece il settore agroindustriale, che rappresenta solo il 7% dell’export ed il 6,9% dell’import. Anche nelle importazioni prevale il settore meccanico e tecnologico che arriva al 49% del totale, evidenziando un’industria che acquisisce semilavorati per assemblarli e/o produrne altri da reindirizzare nei mercati finali.
Partendo da questi dati, il governo messicano ha voluto stimolare la propria economia mediante progetti di attrazione per gli investimenti e di diversificazione/ implementazione di altri settori produttivi. Tra questi ha goduto di particolare attenzione il comparto agroindustriale con l’inaugurazione, avvenuta il 30 marzo scorso, del più grande centro sudamericano per la produzione e la trasformazione della carne, stanziato a Tlahualilo, nello Stato di Durango. Si chiama Agroparque Integradora Sukarne Lucero (AISL) e vanta una capacità di processazione annua di 800.000 capi di bestiame da destinare per oltre il 40% al mercato estero.
Tuttavia, il progetto innovativo AISL non è l’unico degno di nota. Ad esempio appare molto interessante quanto realizzato nello Stato di Hidalgo, dove il progetto PLATAH non è che il nucleo centrale di un più ampio complesso industriale innovativo e ben connesso a livello infrastrutturale. Tali progetti, dotati di grande attrattività per gli investitori esteri, purtroppo stridono con quanto avvenuto nel settembre 2014 nello Stato di Puebla, dove 43 studenti, forse involontari testimoni “scomodi” per qualche organizzazione criminale, scomparvero. Della loro drammatica vicenda ancora oggi si cerca di capire ogni cosa. Perché? Come? Chi? E, soprattutto, dove sono i resti di quei ragazzi innocenti, in viaggio verso la capitale. Tanti paradossi da cui questo Paese potrà liberarsi soltanto con grandi sforzi ed una più decisa diversificazione dei suoi mercati esteri di riferimento.
N.B. Ricordiamo che i grafici seguenti si riferiscono al 2014, ovvero dopo il picco massimo di export nel mercato statunitense pari ad oltre l’80% e prima del saldo negativo nel settore degli idrocarburi
Nonostante i forti limiti che, come visto, comporta, sulla già osservata vicinanza geografica alla prima economia mondiale hanno fondato la propria strategia di business molte aziende italiane, che hanno ritenuto vantaggioso collocarsi in un Paese in regime di libero scambio con gli Stati Uniti e il Canada, che al contempo offre bassi costi del lavoro: caratteristiche che hanno garantito una forte competitività sul mercato nordamericano per i prodotti di Barilla, della Ferrero, di Italpasta e di Campari. Non a caso, i recenti summit bilaterali tra Italia e Messico sono nati dalla volontà del presidente messicano Enrique Peña Nieto di diversificare i propri partner commerciali e dall’intenzione del presidente del Consiglio Matteo Renzi di rilanciare l’imprenditoria italiana nel mondo. Si tratta di un percorso di interazione che non riguarda soltanto il comparto agroindustriale ma abbraccia anche l’industria e l’energia.
Il Messico ha voglia di percorrere nuove strade e per le nostre aziende potrebbe essere l’occasione giusta per inserirsi nel mercato ispanofono, sempre tenendo conto del NAFTA, delle partnership privilegiate sorte in seno all’Alleanza del Pacifico, di cui il Messico è membro, e del corridoio che il Paese offre verso l’America Meridionale. Insieme a questo, non vanno mai perse di vista le garanzie che il governo deve necessariamente fornire in materia di sicurezza e legalità, quali fattori indispensabili per la tutela del capitale investito e della longevità dell’investimento.
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