America Latina. Focus Perù 2016

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A cura di William Bavone
william.bavone@libero.it

Nome ufficiale: República del Perú
Lingua ufficiale: Spagnolo
Capitale: Lima
Forma di governo: Repubblica presidenziale
Presidente in carica: Pedro Pablo Kuczynski
Superficie: 1.285.220 km2
Popolazione: 31.376.670 ab.
Valuta: Nuevo sol peruviano
PIL: 192,01 miliardi $
Agricoltura: 7,2%
Industria: 35,2%
Servizi: 57,6%
Export: 21%
Import: 23,6%
Tasso di crescita: 3,3%
Inflazione: 2,9%
Tempistica avvio business: 26 giorni


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SITUAZIONE POLITICA

Paese ricco di risorse minerarie, il Perù è una vera e propria fonte di elementi utili a foraggiare ogni economia in crescita. È proprio questo che fa del Paese andino una democrazia sensibile alle dinamiche esterne. Lima, fulcro politico ed economico-finanziario nazionale, non è che il centro regolatore di numerosi permessi in favore di multinazionali non proprio di origine peruviana. Il meccanismo delle concessioni risponde alla basilare necessità di ottenere liquidità nel breve e medio periodo per le casse pubbliche.
Queste concessioni di sfruttamento trasformano nei fatti il Perù in una grande miniera da cui estrarre le risorse a basso costo per trasportarle in altri luoghi dove, una volta introdotte nel ciclo economico del paese di destinazione, accrescono il proprio valore. In alcuni casi, i prodotti così generati non si fermano nemmeno in questi mercati secondari, ma vengono rivenduti allo stesso mercato peruviano, generando infine un saldo negativo nella valutazione del prezzo relativo di ogni unità di prodotto. Nello specifico, il valore per unità di prodotto ottenuto dalla sommatoria di concessioni, salari per manodopera non specializzata (minatori) e servizi sviluppati in connessione all’attività estrattiva non sarà mai pari o superiore al valore per unità di prodotto trasformato e reimmesso nel mercato.
In assenza di tali concessioni, invece, lo Stato diventerebbe gestore in prima persona delle risorse registrando nel breve termine una cospicua perdita a causa degli investimenti necessari all’attivazione di un sistema produttivo locale, a cui dovrebbe affiancarsi la riconfigurazione del sistema-lavoro verso maggiori tutele e l’aumento del salario minimo. Un simile quadro, tuttavia, avrebbe giustificazioni sui risultati di lungo periodo accrescendo gli introiti delle casse pubbliche ben oltre quelli garantiti dalle concessioni.


PROSPETTIVE ECONOMICHE

Detto ciò, il Perù, similmente al Cile, resta saldamente fedele al modello del libero mercato, ovvero ad una fitta rete di concessioni di sfruttamento in favore di multinazionali per lo più di origine svizzera e statunitense. In seguito alle elezioni presidenziali del 2016, è stata evitata una pericolosa deriva autoritaria promossa da Keiko Fujimori. La candidata della destra conservatrice, figlia dell’ex dittatore Alberto Fujimori, si ergeva quale promotrice di una vera e propria militarizzazione del territorio allo scopo di garantire la sicurezza pubblica, una soluzione forse eccessiva per un Paese che più probabilmente avrebbe bisogno di una migliore rete di redistribuzione delle risorse e maggiore rispetto delle realtà indigene e dei territori naturali.
La costante crescita in termini di PIL cela situazioni molto diverse fra loro, soprattutto se guardiamo alla differenza tra i territori costieri, protagonisti assoluti, e quelli dell’entroterra, che restano ai margini del dinamismo economico nazionale. Tra i primi produttori mondiali di argento, rame, oro e piombo, il Perù oggi è chiamato, con l’ascesa alla presidenza di Pedro Pablo Kuczynski, ad un lento processo di riduzione delle diseguaglianze sociali, partendo proprio dall’auspicabile decentramento decisionale in favore di organi regionali e territoriali, capaci di ottemperare alle reali necessità della popolazione. Lima, dal canto suo, non sembra voler rinunciare alle relazioni internazionali in essere e quindi starà all’esecutivo trovare il giusto compromesso tra esigenze commerciali e rispetto del parere delle comunità locali interessate dalle attività di estrazione mineraria.
Come detto, l’export del Paese si contraddistingue per una forte componente del settore minerario che complessivamente copre il 67% del totale dei beni in uscita: rame 17%, zinco 4,5%, oro 15%, piombo 2,7%, ferro 1,7%, petrolio raffinato 7,8%, petrolio grezzo 1,2%, rame raffinato 4,6%, argento 1,2% e così via. Seguono il caffè (2%) e i derivati di origine animale, come pelli e farine (3,5%), che hanno comunque un valore economico per unità di prodotto nettamente inferiore.
Le stesse importazioni sottolineano l’importanza della sostegno del settore estrattivo ed industriale in quanto le sole automobili rappresentano il 4,2%, i camion il 2,1% e le strumentazioni ad alto contenuto tecnologico ricoprono in generale il 26% delle importazioni totali. Rilevante anche il contributo del petrolio che tra raffinato e grezzo rappresenta il 13,6% dei beni in ingresso nel paese (si evince quindi come alla fine il paese sia importatore netto di questo bene a causa soprattutto di una gestione esterna del bene stesso e dalla mancanza di un sufficiente numero di raffinerie nazionali).


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OPPORTUNITÀ PER L’ITALIA

Per l’Italia si tratta di un mercato particolare, dove rappresentiamo soltanto l’1,5% dell’import e l’1,7% dell’export. In testa per presenza commerciale c’è la Cina, che assorbe il 18% della produzione peruviana, seguita da Stati Uniti (16%) e Svizzera (7,2%). Di contro, il mercato peruviano è per lo più importatore di beni cinesi (21%) e statunitensi (21%). Questo identifica come le relazioni con Pechino siano ben salde e soprattutto accessorie alla necessità asiatica di assimilare materie prime utili a sostenere il crescente sviluppo della Repubblica Popolare.
Per quanto riguarda l’Italia, l’unica possibilità è al momento quella di inserirsi con maggiore forza nella fornitura di macchinari e veicoli necessari al proseguo dell’attività estrattiva peruviana anche perché il settore minerario presenta in sé grandi barriere in entrata, a causa di economie di scala difficili da superare. Pertanto sarebbe utile fondare la propria strategia sui servizi accessori a questo settore, nel caso si volesse acquisire una posizione strategica sul posto e non un ruolo di mera fornitura.
L’entroterra resta comunque proibitivo per via delle carenze infrastrutturali ed è quindi la costa a rappresentare ancora oggi un utile centro direzionale dal quale poi proiettarsi all’interno o all’esterno. Quest’ultimo aspetto è strettamente collegato all’Alleanza del Pacifico, il partenariato che coinvolge il versante occidentale del Sudamerica in un’interessante interazione con i mercati asiatici.


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