Spesso ignorata dai canali mainstream e relegata alla dimensione di nicchia della stampa specializzata, la regione dell’Asia Centrale è un’area del mondo caratterizzata dalla grande abbondanza di materie prime e da una forte stabilità politica ma anche da una presenza di investitori esteri relativamente bassa nei settori non-oil e non-estrattivi in generale. Le cinque repubbliche di Kazakhstan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan, inoltre, compongono sì una regione dalle comuni radici islamiche e da uno stesso passato sovietico, ma molto eterogenea in termini di sviluppo e modernizzazione. I singoli percorsi nazionali di diversificazione dell’economia stanno, però, cambiando il quadro regionale. Il quotidiano kazako in lingua inglese The Astana Times ha tracciato un rapido profilo dell’Asia Centrale che proponiamo qui di seguito in versione tradotta.
di Aidana Yergaliyeva
[The Astana Times]
NUR-SULTAN – Sebbene gli Stati dell’Asia Centrale facciano ancora affidamento sull’industria estrattiva per attrarre la gran parte degli investimenti, le nuove riforme finalizzate alla diversificazione dell’economia hanno migliorato il clima per le imprese. Nei prossimi dieci anni, la regione avrà la capacità di attrarre potenzialmente 170 miliardi di dollari in investimenti diretti esteri, di cui 40-70 miliardi nei settori non-estrattivi, stando a quando afferma il Boston Consulting Group (BCG) nel suo rapporto del 23 dicembre scorso dal titolo Investire in Asia Centrale: Una Regione, Molte Opportunità.
La migliorata cooperazione politica fra i Paesi centrasiatici nel corso degli ultimi anni ha aperto nuove opportunità per gli investitori esteri, secondo Zhumabek Sarabekov, analista dell’Istituto di Economia e Politica Mondiale della Fondazione del Primo Presidente, citato lo scorso 19 marzo da kazakh-tv.kz.
La regione ha in mano due carte vincenti: l’abbondanza di risorse naturali e una popolazione giovane, dinamica ed istruita. I Paesi forniscono continuamente maggiori opportunità per la forza-lavoro più giovane. Il Kazakhstan, ad esempio, ha annunciato per il 2019 l’Anno della Gioventù e ha cominciato a sostenere vari programmi ed iniziative che supporteranno i giovani imprenditori e lo sviluppo in generale, permettendo loro di dare vita ad una crescita economica sostenibile.
I due più grandi mercati emergenti, cioè la Cina e l’India, hanno stabilito relazioni più strette con la regione centrasiatica. Sebbene conservi l’ideologia comunista, la Cina ha vissuto una rapida crescita economica nei primi quattro decenni delle sue riforme di mercato, tese a dare forma ad un modello maggiormente guidato dagli investimenti per l’export e la manifattura. Il coinvolgimento cinese ha mostrato risultati positivi grazie all’iniziativa Belt and Road, che ha risollevato la regione al rango di importante corridoio di transito tra l’Europa, la Russia e l’Asia.
La regione gode di un ecosistema relativamente stabile e sicuro. Il rapporto, in ogni caso, spiega: «Questa stabilità è croce e delizia. Assicura i potenziali investitori, ma, dal momento che di rado è riportata dai notiziari, l’Asia Centrale è spesso trascurata ed è per lo più sconosciuta al pubblico».
Stando al rapporto, il potenziale di investimento più promettente è nel comparto agricolo, nel turismo e nel petrolchimico. Questi tre settori segnano un basso livello di investimenti esistenti, un’alta priorità governativa e sono facilmente accessibili. L’agricoltura, ad esempio, ha un minor numero di barriere amministrative e bassi livelli di spesa in conto capitale. L’Asia Centrale gode di una vasta gamma di materie prime agricole e lavorare il prodotto grezzo aggiungerà valore all’economia regionale.
La regione ha inoltre il potenziale di servire il mercato delle carni bovine sia interno che internazionale. INALCA, produttore di punta italiano nel settore, ha avviato un investimento decennale da 561,41 milioni di dollari nel comparto bovino kazako diversi anni fa. Inoltre, la regione fornisce enormi opportunità nella manifattura tessile, considerando che l’eredità sovietica ha lasciato i campi di cotone e la produzione di lana, che rappresentano ancora una parte significativa delle economie centrasiatiche.
I Paesi dell’Asia Centrale condividono il comune passato sovietico, ma ognuno di essi ha seguito diverse direttrici di sviluppo dopo l’indipendenza rendendo difficile dare uno sguardo complessivo alla regione come realtà unitaria. Il Kazakhstan, che racchiude soltanto il 25% della popolazione centrasiatica, genera oltre il 60% del PIL regionale. Il Kirghizistan e il Tagikistan restano relativamente sottosviluppati, affidandosi pesantemente alle rimesse dall’estero degli emigrati. Secondo l’ultimo rapporto sull’indice Doing Business della Banca Mondiale, il Kazakhstan, fra i Paesi della regione, è quello in posizione più avanzata nella classifica globale della facilità di fare impresa, forte del suo 28° posto, mentre il Tagikistan è al 126°.
Secondo il rapporto di BCG, ci sono cinque passi da compiere per ridurre il divario ed esprimere appieno il potenziale della regione: costruire infrastrutture regionali, facilitare il movimento transfrontaliero, armonizzare i regolamenti ed il clima per gli investimenti, sviluppare la complementarietà e coordinare le strategie di promozione degli investimenti.
Traduzione a cura della Redazione
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