[Macro-Economist di Candriam Investors Group]
Nonostante un rialzo dei tassi di interesse da parte della Banca d’Inghilterra, annunciato praticamente in occasione della riunione di politica monetaria di febbraio, le recenti dichiarazioni del Governatore, unitamente alla pubblicazione all’inizio di aprile di dati sull’inflazione più bassi del previsto, seguita da una crescita lenta nel primo trimestre, hanno spinto i mercati a rinviare la data prevista per la prossima misura di stretta monetaria.
Secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica (ONS, Office for National Statistics), la rigidità dell’inverno appena trascorso non può, da sola, spiegare la contrazione dell’attività registrata dal settore delle costruzioni nel primo trimestre (-3,3%). In compenso, essa ha contribuito a rafforzare la produzione industriale (+0,7% nel trimestre), sostenuta da maggiori consumi di energia e dal ripristino di un oleodotto a inizio gennaio. La produzione manifatturiera, che rappresenta il 72% della produzione industriale, ha raggiunto solo uno 0,2% nel primo trimestre 2018. Il settore servizi, infine – driver tradizionale della crescita britannica – ha guadagnato appena lo 0,3%. Come evidenziato dall’ONS, il tasso di crescita del settore dei servizi «mostra una tendenza a contrarsi nel lungo termine», soprattutto nel comparto rivolto ai consumi interni. Questo perché, dopo il voto a favore della Brexit, le famiglie del Regno Unito hanno visto diminuire il proprio potere d’acquisto a causa di un aumento dell’inflazione dovuto al deprezzamento della sterlina.
In questo contesto, anche l’incertezza sull’esito dei negoziati fra il Regno Unito e l’UE ha avuto il suo peso. In particolare rimane aperta la questione della frontiera irlandese. L’UE non vuole un “confine duro” tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord e ha proposto a quest’ultima di rimanere all’interno dell’unione doganale. Il governo di Theresa May e il DUP [il partito unionista dell’Irlanda del Nord che ha assicurato una maggioranza parlamentare a Theresa May, nda] vedono in questa proposta un affronto all’integrità territoriale del Regno Unito dal momento che quest’ultimo intende abbandonare sia l’unione economica, che quella doganale. Michel Barnier, il negoziatore designato per l’UE, ha avvisato tuttavia che non ci sarà alcun accordo di recesso (withdrawal agreement) senza una soluzione alla questione irlandese.
In assenza di visibilità sul risultato delle negoziazioni, le imprese britanniche rischiano di rinviare i loro piani d’investimento, mentre il potere d’acquisto delle famiglie continua a subire pressioni (anche se il picco d’inflazione sembra ormai lasciato alle spalle). In tale contesto, la crescita del PIL del Regno Unito dovrebbe rallentare all’1,4% nel 2018 (contro l’1,8% registrato nel 2017) e potrebbe indebolirsi ulteriormente nel 2019… fatta salva, naturalmente, una svolta clamorosa negli sviluppi dei negoziati con l’Unione Europea!
Fonte: Verini & Associati