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A cura della Redazione
«Le piccole imprese non si arrendono mai. Qualcuno continua a dire che sono il problema dell’economia italiana e invece sono una risorsa molto preziosa». È quanto ha sottolineato il presidente nazionale di CNA, Dario Costantini, chiudendo la presentazione dell’Osservatorio Export della Confederazione, realizzato dall’Area studi e ricerche.
All’evento hanno partecipato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il presidente della Commissione Attività Produttive della Camera Alberto Gusmeroli, i presidenti di ICE-Agenzia, Matteo Zoppas, e Simest, Pasquale Salzano, oltre alla vicepresidente di CNA Roberta Datteri.
«Esiste una diplomazia della crescita che deve coinvolgere tutti gli imprenditori e che rientra a pieno titolo nella nostra politica estera», ha esordito Antonio Tajani, che ha aggiunto: «La politica estera non si scrive solo negli uffici della Farnesina e nelle sedi diplomatiche, ma la scriviamo tutti quanti, tutti gli italiani che si adoperano per valorizzare il Paese».
«Il nostro governo sta moltiplicando le occasioni di business per le imprese italiane sui mercati di tutto il mondo, dai Balcani al Nordafrica, dall’India alla regione del Pacifico e, a breve, alle Americhe», ha proseguito il Ministro, descrivendole come «occasioni che sono destinate a sostenere soprattutto i quattro milioni di piccole imprese che hanno bisogno di un’attività operativa del governo e delle amministrazioni pubbliche per riuscire a internazionalizzarsi e a esportare».
I dati dell’Osservatorio Export evidenziano il ruolo svolto dal sistema delle piccole imprese. Le PMI della manifattura contribuiscono all’export complessivo del settore per una quota pari al 48,3% del totale: 14,9% le piccole imprese e 33,4% le medie.
Stando ai dati Eurostat per il 2020, che non coincidono esattamente con quelli Istat, «il 51,2% delle esportazioni manifatturiere italiane sono realizzate da imprese piccole e medie» e «grazie alle vendite all’estero realizzate dalle PMI, l’Italia è la seconda economia europea per esportazioni manifatturiere dopo la Germania».
L’aggregato di micro e piccole imprese occupa più di 1 milione di addetti e realizza un valore delle esportazioni corrispondente al 20% circa dell’export manifatturiero. Attualmente in Italia sono circa 112.000 le imprese che realizzano almeno una parte del loro fatturato all’estero. Da tanti anni, le esportazioni rappresentano l’aggregato di contabilità nazionale più dinamico, capace di trainare l’economia italiana sopperendo alla cronica debolezza della domanda interna.
A fine 2022, le esportazioni italiane «registravano il recupero più corposo superando i livelli pre-pandemia di quasi 8 punti percentuali (7,9%): un caso unico tra le grandi economie europee». Per l’Osservatorio è stata realizzata anche un’indagine presso le imprese. Aiuto nella selezione e nella partecipazione agli eventi fieristici (20,4%), misure atte alla penetrazione in nuovi mercati (11,3%) ed un accesso agevolato al credito per l’export (11,1%) sono le principali richieste delle imprese esportatrici per superare le criticità con cui si confrontano ed avere più visibilità.
Le imprese esportatrici chiedono un vero e proprio sostegno mirato alle piccole dimensioni, perché dichiarano di trovare «forte difficoltà ad individuare lavoratori con le competenze richieste (procedure doganali, partners commerciali e all’accesso alle misure di sostegno pubblico per l’internazionalizzazione)».
Roberta Datteri, vicepresidente nazionale CNA con delega all’internazionalizzazione, è stata chiara: «Avevamo bisogno di numeri per supportare quello che in realtà già sapevamo e questo è quello che fa questa indagine, che ci dà la possibilità di parlare delle necessità delle pmi per quanto riguarda l’export. Dallo studio emerge che il 20% delle imprese ha già programmato investimenti futuri in materia di export e internazionalizzazione questo significa che attraverso gli incentivi noi riusciamo a creare delle leve e questi investimenti daranno effetti ampi e di crescita. Istituzioni, imprese e associazioni che le rappresentano hanno in comune tre obiettivi: ampliare la platea di imprese, consolidare e accrescere le quote di mercato di imprese che già esportano, sostenere le imprese che sono costrette per variabili esogene sono costrette a doversi riposizionare in altri mercati».
Matteo Zoppas ha sottolineato che «nel 2022, sui 600 miliardi di euro di fatturato di export, 125 miliardi sono stati fatti dal 95% di artigiani e piccole imprese». Per il presidente di ICE-Agenzia, si tratta di «un numero che rappresenta il dna dell’esportazione italiano».
«Il marchio Made in Italy trasforma la nostra imprenditoria in prodotto di qualità e all’estero diventa segno di riconoscimento», ha proseguito Zoppas, che ha aggiunto: «Uno dei punti di forza dell’Ice sono le collettive, che forniscono alle imprese il seme per la crescita del proprio marchio, ma insieme le imprese costruiscono il marchio Made in Italy. Il nostro compito è di informare e formare con una serie di strumenti e piattaforme le pmi a sviluppare il proprio export».
Pasquale Salzano, da parte sua, ha fissato le priorità di Simest: «Noi puntiamo su misure che mirano non solo a far crescere le piccole aziende in materia di export ma che possano accompagnarle nel percorso iniziale. Infatti, funzione determinante è la formazione. Per questo è nata la figura del temporary export manager che grazie agli studi di fattibilità fornisce alle imprese nozioni e strumenti prima che si immettano in un mercato estero. Altra misura dedicata alle micro imprese permette loro di poter accedere ai finanziamenti rientrando nel settore delle filiere. Questo permette di affrontare in modo resiliente i mercati esteri che sempre più sollecitano trasformazioni in campo digitale e green».
«La nostra indagine sul Made in Italy per il disegno di legge che sarà al prossimo Consiglio dei Ministri è importante perché ci permette di dare una strategia al Paese», ha sostenuto invece Alberto Gusmeroli, che ha aggiunto: «Non possiamo più limitarci a ragionare sul contingente, ma dobbiamo lavorare affinché chi vada all’estero sia messo nella condizione di penetrare i mercati. Si fa fatica ad unirsi a fare i consorzi e in questo CNA può essere un punto di riferimento per il mondo artigiano».