Corno d’Africa. Scoppia la pace tra Eritrea ed Etiopia: opportunità, prospettive e conseguenze infrastrutturali

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Photo credit © Madote



Poco meno di due anni fa, Scenari Internazionali pubblicò una monografia interamente dedicata all’Eritrea, suscitando stupore fra i nostri lettori. A chi si chiedeva come mai decidemmo di occuparci così approfonditamente di un Paese “chiuso” e “arretrato”, è arrivata pochi giorni fa la risposta. Col cambio di governo ad Addis Abeba e i nuovi recentissimi accordi di pace, i due fattori che allora ritenemmo decisivi – cioè la massimizzazione del potenziale geografico e lo sviluppo delle risorse umane – possono oggi cominciare ad esprimersi, chiudendo uno dei conflitti più lunghi e drammatici della storia contemporanea.


di Filippo Bovo


La notizia della recentissima pace sancita fra Eritrea ed Etiopia ha colto sicuramente di sorpresa molti osservatori. Dopo la guerra del 1998-2000, l’Eritrea accettò subito i termini degli Accordi di Algeri del 2000, ma non altrettanto sembrò fare l’Etiopia, col risultato di dare vita ad un quasi ventennale stato di “né guerra né pace”. La situazione è durata praticamente fino a poche settimane fa, quando è stato nominato il nuovo primo ministro etiopico, Abiy Ahmed.

Già questo è di per sé un fatto epocale: il giovane leader, infatti, appartiene all’etnia Oromo, che insieme a quella Amara costituisce la maggioranza della popolazione etiopica, ma che sotto i vecchi governi del Fronte Popolare di Liberazione del Tigray non partecipava al governo e nemmeno a gran parte dei benefici economici della crescita conosciuta negli ultimi anni dall’Etiopia. Questo, soprattutto negli ultimi tempi, aveva creato forti tensioni nel Paese, con sollevazioni degli Oromo e degli Amara contro il governo guidato dalla fazione tigrina. Alla fine è arrivata la svolta. Abiy Ahmed ha conquistato il governo del grande Paese africano, e questo ha aperto la strada a grandi novità.

La prima è certamente quella del riconoscimento degli Accordi di Algeri, che inaugura un rapporto di apertura e di collaborazione con l’Eritrea che al momento appare molto promettente. Dal canto suo, la Cina, principale partner economico e commerciale di entrambi gli Stati, già in precedenza aveva avvisato che i suoi investimenti in Etiopia sarebbero diminuiti progressivamente proprio a causa della mancanza di una soluzione dello stato di “né guerra né pace”. La risposta immediata dell’Etiopia, per bocca di Abiy Ahmed, è stata proprio la decisione di riconoscere gli Accordi di Algeri oltre ad annunciare l’apertura di molte aziende statali etiopiche agli investimenti esteri.

Grazie a questa novità, l’interdipendenza fra la costa eritrea e l’entroterra etiopico può ricominciare, con potenziali benefici reciproci. Anzitutto, l’Eritrea e i suoi investitori potranno contare non soltanto sul piccolo mercato locale, ma anche e soprattutto sul ben più esteso mercato etiopico, il cui potenziale può ancora fornire immense opportunità. Del resto, anche gli attori etiopici potranno trovare valide possibilità in Eritrea, senza dimenticare lo sbocco sul mare garantito dai porti di Massaua e Assab, che potranno quindi lavorare a pieno ritmo. Questi due hub affacciati sul Mar Rosso si innestano lungo una rotta fondamentale come quella fra il Mediterraneo e l’Oceano Indiano, via Suez. In questo senso, l’iniziativa cinese Belt and Road si arricchirà quindi di un nuovo tassello strategico.

Nelle ultime settimane, i rapporti bilaterali hanno cominciato davvero a marciare spediti: sembra quasi che tanto ad Asmara quanto ad Addis Abeba si senta, come mai prima d’ora, la necessità di recuperare il tempo perduto. Pochi giorni fa si sono riaperte le porte delle sedi diplomatiche dei due Paesi nell’altrui capitale, mentre nello spazio di pochissimo tempo il premier Abiy Ahmed e il presidente Isaias Afewerki si sono incontrati per ben due volte. Dapprima Abiy Ahmed è giunto in visita ad Asmara, la settimana successiva Isaias Afewerki è andato ad Addis Abeba. I due leader hanno potuto così firmare la Dichiarazione di Pace e Amicizia, mentre le rispettive compagnie aree hanno dichiarato l’apertura degli spazi aerei ai voli passeggeri e cargo. A cementare i rapporti fra le due società, è stata annunciata anche una partecipazione azionaria.

Le priorità per entrambi i Paesi, al momento, sono incarnate soprattutto dallo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento, ai fini del raggiungimento dell’autosufficienza alimentare, e quindi anche di altri settori industriali contigui. In questo senso, l’Eritrea lavora attivamente da anni, al punto che ormai viene annoverata fra i tre Stati africani ad aver raggiunto prima del tempo gli Obiettivi del Millennio previsti dall’ONU. In termini non solo di lotta per il raggiungimento dell’autosufficienza alimentare ma anche di sanità e d’istruzione, Asmara è quindi in possesso di un’expertise che può fornire all’Etiopia, da decenni dipendente, invece, dal sistema degli aiuti alimentari dall’estero. L’agricoltura etiopica, se messa a regime, può davvero fornire grandi risultati non solo al proprio Paese ma anche ad altri importanti mercati regionali e non.

La formazione di personale, per l’istruzione, la sanità e l’industria, è un’altra materia fondamentale, insieme al turismo. In questo senso, entrambi i Paesi hanno un elevato potenziale ancora largamente inespresso. Nel caso eritreo, anche il settore della pesca può fornire interessanti opportunità. Non va dimenticato come la cooperazione politica e strategica tra Eritrea ed Etiopia inauguri una stagione di pacificazione nella regione dell’Africa Orientale, con benefici importanti in termini di stabilità politica, che si potrebbero trasmettere, in qualche modo, anche alla vicina Somalia.


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