A cura della Redazione
Nella giornata di ieri, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha rivisto al rialzo la previsione di crescita della Nigeria per il 2023, indicando un tasso del 3,2%, cioè dello 0,2% in più rispetto al dato contenuto nel World Economic Outlook di ottobre. La proiezione resta tuttavia ancora inferiore rispetto alle proiezioni di Abuja che, come riporta il quotidiano Vanguard, ritiene plausibile una crescita del 3,75%.
Si tratterebbe comunque di un’accelerazione rispetto al 3% stimato per il 2022. Nel 2024, sempre secondo il FMI, il PIL nigeriano invece dovrebbe rallentare, fermandosi ad un tasso di crescita del 2,9%: notevolmente al di sotto del dato previsto per l’Africa sub-sahariana nel suo insieme.
Per quanto riguarda l’intera regione, infatti, il FMI ritiene che «la crescita dovrebbe restare moderata al 3,8% nel 2023 tra i prolungati effetti della pandemia di Covid-19, sebbene con una modesta revisione al rialzo rispetto a ottobre, prima di raggiungere il 4,1% nel 2024». Nello specifico della Nigeria, presa in esame dal FMI insieme al Sudafrica, il recente aggiornamento è stato motivato con l’adozione, da parte del governo, di nuove misure per affrontare i fattori di incertezza nel settore petrolifero, traino del Paese.
Come sottolinea la Banca Mondiale, dopo la recessione provocata dalla pandemia nel 2020, la Nigeria si è ripresa ma la stabilità macroeconomica è rimasta debole. Tra i principali fattori compaiono gli shock globali nelle commodity, la svalutazione monetaria, le restrizioni al commercio, la monetizzazione del deficit e la crescente inflazione. Dal 2021, inoltre, l’economia non ha potuto beneficiare dell’aumento del prezzo del petrolio a causa del calo della produzione.
Sul piano sociale permane una situazione grave. La popolazione indigente è ancora molto alta. Stando ai dati del 2018, circa 83 milioni di nigeriani, pari al 40% della popolazione nazionale, vivono sotto la soglia di povertà ed altri 53 milioni (25%) restano vulnerabili. Il ritmo dell’incremento demografico supera quello della riduzione della povertà, tanto che, malgrado gli sforzi del governo, entro il 2024 le persone in condizioni di estrema povertà potrebbero addirittura aumentare di 7,7 milioni di unità rispetto a cinque anni fa.