Perché la troika e Syriza devono rimuovere insieme gli ostacoli sul debito

image_pdf

Mentre si rincorrono le trattative per tamponare la difficile situazione finanziaria della Grecia, Miranda Xafa, ex consigliere-capo economico del primo ministro greco Konstantinos Mitsotakis durante il suo governo (1990-1993), auspica la conclusione di un accordo che soddisfi sia Atene sia i creditori internazionali nel più breve tempo possibile, per salvare il Paese dalla prospettiva del default e di una drammatica spirale recessiva. Pesano, tuttavia, le richieste di ampliamento della base imponibile ed il bassissimo livello di solidarietà europeo che al momento sembrano castrare qualsiasi prospettiva per un serio piano di investimenti in Grecia.

di Miranda Xafa
[World Economic Forum]


Il 7 aprile scorso a Malta, i ministri delle Finanze dell’Eurozona hanno raggiunto un’intesa in merito ai fattori fondamentali per un accordo che sbloccherebbe ulteriori aiuti alla Grecia nel quadro dell’attuale (terzo) piano di salvataggio da 86 miliardi di euro. L’accordo di massima è giunto come un enorme sollievo, dal momento che la Grecia non sarebbe stata in grado di restituire i 7,4 miliardi dovuti a luglio, senza un sostegno esterno.
Eppure, il dramma economico prosegue. Non pochi passi in avanti devono essere ancora compiuti per consentire alla Grecia di evitare il default.
Anzitutto, la troika dei creditori deve tornare ad Atene per concludere la revisione e presentarla ai ministri dell’Eurogruppo al massimo entro giugno. Una volta che avrà accettato i termini, la Grecia dovrà approvare le misure concordate per garantire che, al di là del debito eccezionale, il gettito fiscale superi la spesa del 3,5% del PIL ogni anno (avanzo primario) almeno fino al 2020. Il primo ministro Alexis Tsipras, leader del partito di sinistra radicale Syriza, ha sostenuto che non sottoporrà le misure al voto del Parlamento senza un accordo sulla riduzione del debito. I creditori, da par loro, affermano che tale riduzione non sarà discussa prima che le misure siano votate e la revisione sia completata.
Quando l’accordo ai vertici sarà raggiunto, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) dovrà decidere se prendere parte al programma greco con un piano di sostegno. Alcuni creditori dell’Eurozona – in particolare la Germania e l’Olanda – hanno messo in chiaro che non approveranno ulteriori aiuti alla Grecia senza la partecipazione del FMI. Qual è l’ostacolo? Il FMI ritiene che il debito pubblico greco sia «altamente insostenibile» con un volume pari al 180% del PIL, e ha fatto sapere che presenterebbe un piano al suo Consiglio di Amministrazione soltanto qualora ricevesse «garanzie soddisfacenti per una strategia credibile finalizzata a recuperare la sostenibilità del debito».



Gli elettori tedeschi tengono i cordoni della borsa
Perché questo avvenga, i ministri dell’Eurogruppo hanno bisogno di fissare gli obiettivi fiscali che la Grecia dovrà rispettare oltre il medio periodo, così come la riduzione del debito che sarà stabilita dopo il positivo completamento del programma nel 2018.
Le due questioni sono ovviamente collegate: qualsiasi alleggerimento dell’obiettivo di avanzo primario oltre il 2020, come richiesto dal FMI, dovrebbe essere affiancato da una più sostanziosa riduzione del debito per preservarne la sostenibilità. Con le elezioni in Germania del prossimo settembre e con un elettorato nazionale riluttante all’idea di concedere ancora tregua alla Grecia, le proposte di riduzione debitoria su cui probabilmente si troverà l’accordo saranno la condizione minima necessaria per mantenere il FMI in sella. Le decisioni finali potrebbero protrarsi fino all’ultimo se l’accordo fosse rimandato, se il Parlamento greco non approvasse le misure o se i creditori europei non concordassero sui parametri di riduzione del debito.
Gli elementi principali su cui si basa l’accordo raggiunto a Malta sono gli impegni a tagliare la spesa pensionistica nel 2019 e di ampliare la base imponibile attraverso la riduzione della soglia di esenzione nel 2020. Ciascuna di queste misure, per diventare legge nell’immediato futuro, dovrebbe migliorare il saldo di bilancio dell’1% del PIL. La riduzione della soglia sarebbe anticipata al 2019 se la Grecia dovesse fallire l’obiettivo del 3,5% del PIL nell’avanzo primario del 2018. Per indorare la pillola, i creditori hanno concordato che la Grecia potrebbe adottare alcune misure per aumentare la spesa sociale e tagliare le tasse nel caso in cui oltrepassasse gli obiettivi fiscali. L’intero pacchetto è tuttavia ben altra cosa rispetto alla posizione riluttante del primo ministro Tsipras, come dichiarato recentemente a fine gennaio, quando ha celebrato il suo primo biennio di mandato annunciando la fine dell’austerità ed escludendo qualsiasi ulteriore provvedimento fiscale.

Conti con la realtà per Tsipras
Non è raro per la Grecia cercare un capro espiatorio, e i più recenti sono i soliti sospetti: il FMI ed il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schӓuble, che fanno «richieste irragionevoli», così come vari attori locali accusati di indebolire il governo. Se Syriza ha imparato qualcosa da quando è andata al potere, è che prendere decisioni è molto più difficile dell’opposizione al programma di qualcun’altro. I lunghi negoziati hanno aiutato Tsipras ad ottenere l’approvazione del suo partito in materia di riforme pensionistiche e fiscali, ma hanno anche avuto un costo per l’economia, che è tornata in recessione nell’ultimo trimestre del 2016. La liquidità si sta restringendo, il governo arretra nel rispetto degli impegni con l’estero e le banche greche stanno soffrendo significativi ritiri dei depositi. Un accordo con i creditori deve essere trovato al più presto per recuperare fiducia e riavviare la crescita.
Gli incontri del FMI del 21-23 aprile prossimi forniscono l’opportunità di compiere passi in avanti verso la conclusione della lista di riforme che la Grecia deve approvare per definire la revisione e quantificare i parametri di un accordo sul debito che sia soddisfacente per ciascuna delle parti. In un discorso tenuto a Bruxelles lo scorso 12 aprile, il direttore generale del FMI Christine Lagarde ha affermato: «Ciò che ho visto nelle ultime due settimane si sta muovendo nella giusta direzione. Siamo soltanto a metà delle trattative». In ogni caso, il prezzo di un accordo mancato per tutti gli attori coinvolti è troppo grande persino per essere preso in considerazione.


Traduzione a cura della Redazione
Fonte in lingua originale qui



© Riproduzione riservata



Ottimizzato da Optimole