La 9a edizione del Congresso Economico Europeo ha preso il via ieri, 10 maggio, a Katowice. Si tratta del principale evento di carattere economico nell’area mitteleuropa. Per tre giorni, sino al 12 maggio prossimo, l’attenzione dei politici e degli imprenditori si concentrerà dunque sulla Slesia e sul Centro Congressi Internazionale di Katowice.
di Wnp.pl
La sessione di apertura del Congresso, dal titolo Un’Europa differente in un mondo differente, ha visto la partecipazione degli ex primi ministri Jerzy Buzek (Polonia), Jan Fischer (Repubblica Ceca), Mikuláš Dzurinda (Slovacchia) e Andrius Kubilius (Lituania), oltre a Konrad Szymański, segretario di Stato per gli Affari Europei presso il Ministero degli Esteri della Polonia, riuniti allo scopo di trovare una risposta al problema di una nuova visione per l’Europa nel contesto degli sviluppi politici recenti che stanno orientando il Vecchio Continente verso il populismo e l’isolazionismo.
Il panorama economico dopo la Brexit, la probabile emersione di altri movimenti sovranisti all’interno dell’Unione Europea o la realizzazione di un’Europa a due velocità sono – come osservato dai partecipanti alla sessione – le sfide principali che la Polonia e l’Europa dovranno affrontare. «Non abbiamo mai evitato i problemi e le questioni controverse qui, abbiamo affrontato i rischi e abbiamo sempre continuato a cercare nuove opportunità», ha affermato Jerzy Buzek, già primo ministro della Polonia e presidente del Parlamento Europeo. Secondo la sua opinione, l’Europa deve trovare una risposta alla domanda di cambiamento e capire quale dei tre scenari semplificati dovrebbe realizzarsi: la possibilità di sostenere l’integrazione, la possibilità di procedere su questa strada con alcune modifiche o una forte intensificazione del processo in corso.
«Alla fine, assisteremo presumibilmente ad una combinazione di questi tre scenari», ha sostenuto Dzurinda. «Credo che dovremmo cambiare alcune cose, evitarne altre ed in certi settori navigare con coraggio in acque profonde». L’ex primo ministro slovacco ha precisato che è molto importante definire nel dettaglio le competenze sia a livello europeo che a livello nazionale. «Burxelles non è sempre in grado di risolvere tutti i problemi del mondo imprenditoriale. Eppure, nei Paesi dell’Unione Europea prevale solitamente una consuetudine, ovvero che tutti i successi sono il risultato dei governi nazionali mentre tutti i fallimenti sono opera della “cattiva” Bruxelles. Perciò è fondamentale identificare con chiarezza le competenze», ha proseguito Dzurinda. Secondo l’ex primo ministro slovacco, si dovrebbe evitare il centralismo. È necessario collaborare assiduamente, non omologare. Per questo l’armonizzazione fiscale a livello europeo non sarebbe vantaggiosa.
Konrad Szymański non ha dubbi sul fatto che, indipendentemente da incomprensioni e tensioni politiche, dal punto di vista della Polonia e dell’Europa Centrale, l’Unione Europea resta una dimensione-chiave per la crescita economica e il welfare. «Qualsiasi idea di uscire dall’Europa implica il grande rischio di indebolire l’Europa. Non risolverebbe alcun problema e potrebbe crearne di nuovi. Il mercato comune sarà il primo a cadere vittima di una permanente divisione dell’Unione, la cui integrità è un valore strategico per la competitività globale dell’Europa», ha affermato il politico polacco. Secondo Szymański, il governo polacco cercherà di convincere i suoi partner a sviluppare piani di riforma per l’Unione sulla base dell’integrità del mercato comune. «Inseguire una migliore Unione non vuol dire distruggere quella che abbiamo», ha sottolineato.
I partecipanti al dibattito hanno fatto riferimento ai possibili effetti della Brexit sull’economia europea. «Non si possono prevedere senza la sfera di cristallo», ha osservato l’ex primo ministro ceco. «Le opinioni sono agli antipodi: patrono dall’idea che praticamente nulla cambierà sino ad arrivare a chi ipotizza una totale catastrofe. A me non piacciono gli estremismi. Ci si dovrebbe anche ricordare che la Brexit non influenzerà soltanto l’economia nella misura in cui si tratta sostanzialmente di una decisione politica. Chissà che forse non potrà generare nuove sinergie in Europa e paradossalmente diventare un’opportunità?», si è domandato Jan Fischer. L’ex capo di governo della Repubblica Ceca ha ribadito che, a suo avviso, per l’Europa c’è solo una possibilità peggiore dell’esistenza dell’Unione Europea: che essa non esista.
Traduzione a cura della Redazione
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