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Si è chiusa venerdì scorso la 17a edizione di Port&Shipping Tech, evento di punta a livello internazionale tra quelli dedicati alla portualità, alla logistica e all’economia del mare, ricompreso all’interno della Genoa Shipping Week. La due-giorni nel capoluogo ligure si è caratterizzata per l’alto livello del confronto tra professionisti in merito alle innovazioni tecnologiche d’avanguardia, orientate a favorire lo sviluppo del sistema logistico e marittimo. Scenari Internazionali, presente come media partner per il quinto anno consecutivo, ha seguito la manifestazione.
di Corinna Ramognino
GENOVA – Giovedì e venerdì scorsi, il Centro Congressi del Porto Antico di Genova ha ospitato la 17a edizione di Port & Shipping Tech, appuntamento inserito nel più ampio quadro della Genoa Shipping Week. L’evento, che per tradizione tratta temi legati allo sviluppo logistico e alla centralità italiana nell’economia marittima mondiale, ha sottolineato in diverse occasioni l’importanza dell’innovazione e della lungimiranza in questi settori, in cui l’Italia riveste un ruolo significativo.
Nei due giorni, autorità pubbliche, rappresentanti aziendali ed esperti si sono confrontati su numerosi argomenti: dalla modernizzazione delle infrastrutture portuali alla ricerca di soluzioni per i problemi di congestione delle linee logistiche, sino alla proposta di nuove frontiere di ricerca, come il settore subacqueo (underwater) e l’implementazione, in costante crescita, dell’utilizzo di fonti rinnovabili direttamente integrabili con l’ecosistema marino.
A tal proposito, il panel centrale della prima giornata, intitolato Porti ed economie: connessioni, integrazione e produzione, è stato fondamentale per mettere in luce criticità e opportunità di crescita del comparto logistico nazionale. Il tema principale dibattuto dai relatori ha riguardato la nuova dimensione della struttura portuale.
Il porto non è più visto solo come un hub di movimentazione delle merci ma anche come punto d’incontro tra flussi di informazioni ed in simbiosi con l’entroterra: solo se la struttura portuale è parte viva del tessuto territoriale in cui sorge, questa può mantenere stabile la sua funzione regionale. Investire in nuove tecnologie, modernizzare quelle esistenti, integrare sempre più i porti e i siti produttivi limitrofi e sostenere il data sharing tra tutti gli operatori portuali sono i punti fondamentali sottolineati dagli interventi.
Il concetto di integrazione è stato il fil rouge che ha legato la maggior parte degli interventi, come quello di Betty Schiavoni, vicepresidente dell’Associazione Lombarda Spedizionieri e Autotrasportatori (ALSEA), che ha sottolineato il ruolo-chiave dello snodo portuale come punto di transizione tra logistica e tecnologia. La realtà di ALSEA opera al confine fra linea produttiva e infrastrutture, testimoniando le sfide del comparto, anzitutto la necessità di integrare le infrastrutture fisiche con quelle digitali e di mettere i gestionali delle imprese, con tutto il loro database, a disposizione delle dogane, nell’ottica di creare un grande sistema di dati condiviso e rendere più agile la burocrazia.
La stessa urgenza è stata manifestata da Federica Montaresi, segretario generale dell’Autorità del Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale (AdSP MLOr). In particolare, a proposito del Porto della Spezia, è stato presentato il caso virtuoso dello smart corridor che unisce l’area portuale con la parte retroportuale di Santo Stefano di Magra, dove i finanziamenti europei hanno permesso di sperimentare alcune importanti innovazioni, come la realizzazione di una control room dedicata al trasporto su gomma che permette di conoscere lo stato di ogni singolo mezzo, monitorandone in tempo reale percorso e criticità. Questo sistema rende possibile il controllo chirurgico delle flotte ed evita gli ingorghi stradali, con una conseguente diminuzione degli sprechi energetici, di tempo e miglioramento delle condizioni lavorative degli autisti, che ad oggi costituiscono – per la mancanza di personale qualificato – uno degli anelli deboli dell’intero comparto.
L’integrazione e la condivisione dei dati del settore logistico costituiscono urgenze particolari, secondo il parere di Stefano De Rubertis, Senior Director di BIP Group, azienda specializzata in consulenza per la transizione digitale e l’innovazione. La capacità di scambiare liberamente dati tra operatori e la loro influenza reciproca, utilizzando sistemi e tecnologie condivise, è la sfida principale su cui bisogna porre l’attenzione. La stessa BIP, ad esempio, ha sviluppato un modello composto da elementi matematici, intelligenza artificiale e analisi predittiva per far sì che tutta la filiera possa beneficiare di questo bacino di informazioni.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Federico Pennazio, Senior Automation Consultant di Navis Kaleris, azienda specializzata in software in-cloud per la logistica e la catena di approvvigionamento, il cui obiettivo dichiarato è ottimizzare i flussi di merci nei terminal marittimi e intermodali. La proposta di Kaleris è un sistema innovativo che permette di attuare la condivisione dei dati superando l’eterogeneità dei sistemi odierni e la loro mancanza di standardizzazione, per utilizzare proprio quegli stessi dati a beneficio del comparto, oltre che per finalità secondarie di non poco conto, come la monetizzazione e l’allenamento dell’intelligenza artificiale.
L’ultima proposta è stata quella di Maria Antonietta Zocco, Direttore Tecnico di Mercitalia Intermodal, che ha presentato il progetto TRANS4M-R (Transform rail), inaugurato nel luglio 2022, in programma sino al dicembre 2026. Questo progetto, finanziato da fondi europei, vuole aiutare il comparto ferroviario a raggiungere gli obiettivi del Green Deal aumentando complessivamente il trasporto merci su ferro del 30% ed abbattendo le emissioni causate dal trasporto su gomma. Il progetto intende sostituire i flussi cartacei con flussi di informazioni dirette, connettendo digitalmente ciascun convoglio. Il risultato da raggiungere è l’abbattimento fino al 40% dei tempi di preparazione e arrivo treno, conoscendo in diretta l’esatta occupazione della linea tramite il monitoraggio della distanza tra convogli, grazie ad un sistema di train integrity rapido ed efficiente.

Il comparto logistico ha dunque un forte bisogno di ridurre drasticamente la burocrazia, in particolare quella doganale, e modernizzarsi attraverso sistemi più coesi e strategici, che aiutino gli operatori a rendere gli snodi merci più veloci ed efficienti, nonché limitando le ricadute dovute agli sprechi di tempo sul mercato, a vantaggio dei consumatori.
L’avanguardia tecnologica e il cambio di prospettiva sono stati centrali anche nel secondo panel della seconda giornata, dal titolo Risorse del mare e rotte marittime: opportunità di crescita e sfide del cluster marittimo italiano nell’era del confronto egemonico. Questa tavola rotonda ha visto partecipare sia i principali responsabili della sicurezza dei nostri mari, come la Marina Militare e la Guardia Costiera, sia rappresentanti di realtà pionieristiche in alcuni ambiti ancora poco conosciuti ma dalle grandi potenzialità, come l’underwater e l’energia rinnovabile da contesto marino, sia eolica e solare che tipicamente mareomotrice.
La prospettiva fissata tanto dalla Marina quanto dalla Capitaneria è quella di un mare sicuro in cui le tratte commerciali e le linee di comunicazione siano protette, con particolare riguardo ai cablaggi sottomarini che alimentano l’informazione globale, soprattutto nelle Zone Contigue di recente istituzione e nelle aree che ancora abbisognano di una protezione garantita da trattati internazionali.
«Un mare insicuro è un mare costoso», ha sottolineato il Capitano di Vascello Carmine Lapia, sintetizzando perfettamente l’importanza dell’azione della Marina nella protezione dei commerci, e ponendo l’accento sulla carenza di norme sia di hard law che di soft law che fungano da deterrenti contro i gravi inconvenienti che possono capitare in mare aperto, a partire dal danneggiamento di cablaggi sottomarini e dalla loro onerosa riparazione. Questi sistemi sono infatti parte delle cosiddette infrastrutture critiche, ovvero i servizi essenziali per il funzionamento della nostra società. Ha sottolineato la loro importanza anche Gabriele Capomasi, Partner di PwC Strategy&, che ha spiegato come l’Unione Europea si stia muovendo per adottare un quadro normativo (MIS2 e CER) che protegga la sicurezza e la funzionalità dei cavi sottomarini anche sulla base di garanzie economiche e legislative.
La grande rivelazione di questo panel è stata senz’altro la presentazione del settore underwater da parte di Roberta Pinotti, presidente del Polo Nazionale della Dimensione Subacquea, che ha delineato le enormi potenzialità di questo nuovo settore, attualmente in via di sviluppo presso il polo di San Bartolomeo alla Spezia, dove le strutture sono ospitate da un centro sperimentazione della Marina Militare. Il nuovissimo dipartimento è stato inaugurato a dicembre 2023 grazie ad una sinergia tra Marina, Parlamento e Governo. Per la realizzazione di una dimensione subacquea operativa, un progetto davvero avveniristico in cui l’Italia può fare la differenza, sono stati stanziati ben 180 milioni di euro per il prossimo decennio da parte del Ministero dell’Industria e del Made in Italy (MIMIT), e 3 milioni nel prossimo triennio da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca.
Le aspettative sono altissime considerando che, secondo le stime, il mercato globale del settore subacqueo potrebbe valere fino a 400 miliardi di euro già dal 2030. I settori toccati sono quelli della ricerca scientifica, soprattutto per la parte dell’ingegneria acquatica, ma anche dell’industria estrattiva per il settore interessato alle terre rare. Ad oggi, il Polo è sostenuto sia da attori pubblici sia da finanziatori privati: 175 PMI, 20 grandi imprese, 56 tra università e centri accademici. Numeri che dimostrano un interesse elevato e variegato.
Altro aspetto saliente emerso dal dibattito è quello che coinvolge le nuove proposte per le energie rinnovabili, a cura di Fulvio Mamone Capria, presidente di AERO (Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore) e di Alessandra Pieri, in rappresentanza di Regione Liguria. Il primo relatore ha insistito in particolare sull’importanza del fotovoltaico galleggiante, che rappresenta la vera sfida per il nostro Paese: in questo settore, in Puglia sono in via di sviluppo diversi progetti fino a 1GW di potenza, mentre dall’altra parte i porti di Augusta e Taranto hanno superato la selezione del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per la costruzione di un nuovo impianto eolico off-shore che vedrà l’impiego di generatori da 12-15 GW.
L’augurio è che questo settore possa contribuire a completare l’offerta delle rinnovabili italiane e aiutare il nostro Paese a perseguire l’indipendenza energetica, oltre che generare un potenziale di 25.000 posti di lavoro entro il 2050. Infine, la stessa Alessandra Pieri ha manifestato l’interesse di Regione Liguria per lo sviluppo di energia rinnovabile mareomotrice, in cui si vuole impegnare a dare spazio alla ricerca e all’applicazione sulle nostre coste.
Sta insomma cambiando il paradigma con cui il nostro Paese ha iniziato a guardare alle sue strutture e potenzialità: il porto come hub dell’informazione, oltre che delle merci, e il mare come nuovo “territorio” da studiare e in cui investire risorse, con lo scopo di aumentare la rincorsa verso un futuro che guardi alla ricerca e all’innovazione. Dalle testimonianze dei relatori, si può affermare che l’Italia ha abbandonato il suo vecchio status di Paese osservatore e sta agendo in prima persona per riaffermare la propria centralità nel Mediterraneo e l’importanza dell’sistema-mare, nella sua economia come nelle relazioni diplomatiche con gli altri Stati. L’auspicio è che il nostro Paese riscopra appieno la sua vocazione marittima, guardando con sempre maggior lungimiranza non soltanto al Nord Europa e all’Atlantico ma anche all’Africa e all’Asia.
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