di Guo Yiming
[China.org.cn]
Il rapporto, un documento abituale pubblicato allo scopo di registrare e analizzare i progressi compiuti dalle undici economie emergenti più forti, è stato presentato ieri a margine del Forum per l’Asia di Boao, in corso di svolgimento sino al prossimo 26 marzo.
Strutturato su un’analisi complessiva che, per ognuno di questi Paesi, prende in esame la crescita economica, l’occupazione e il reddito, i prezzi e la politica monetaria, il commercio estero, gli investimenti diretti esteri, le merci sfuse, il debito e i mercati finanziari, il rapporto ha evidenziato che le economie emergenti si stanno stabilizzando grazie ad una lenta ripresa dei prezzi delle merci sfuse e alla graduale realizzazione delle rispettive riforme e dei rispettivi aggiustamenti nella politica economica.
L’anno scorso, l’E11, che comprende Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia, Corea del Sud, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica e Turchia, ha segnato un tasso di crescita generale pari al 3,1% su base annuale, superando con ampio margine l’Unione Europea e il G7, cresciuti rispettivamente dell’1,9% e dell’1,4%.
Gli E11 hanno contribuito al 60% della crescita economica mondiale e la loro quota sul totale è aumentata costantemente, mostrando che le economie emergenti rappresentano ancora un motore importante dello sviluppo globale.
«Ad oggi si registrano alcuni segnali positivi tra le economie emergenti, come ad esempio una crescita più lenta ma stabile e l’avvicinamento tra i loro diversi ritmi di sviluppo, tuttavia questi Paesi devono ancora adottare misure efficaci per affrontare le sfide e i rischi generati dalle recessioni e per disinnescare gradualmente le pressioni esercitate in vari ambiti», ha affermato il segretario generale del Forum di Boao Zhou Wenzhong.
La crescita rallentata della produttività del lavoro, il rischio dell’instabilità sociale, un livello di debito in salita, le pesanti fluttuazioni sul mercato valutario, un protezionismo sempre più incombente, le incerte politiche economiche degli Stati Uniti e di altre economie avanzate, così come i diversi rischi geopolitici, potrebbero costituire la principale fonte di pericolo per il futuro sviluppo degli E11, secondo quanto sostenuto nel rapporto.
«Naturalmente, questi fattori di rischio potrebbero non trasformarsi in crisi reali», ha commentato Yao Zhizhong, vicedirettore dell’Istituto di Politica ed Economia Mondiale presso l’Accademia Cinese di Scienze Sociali, che ha redatto il rapporto. Yao è rimasto cautamente ottimista e ha previsto per gli E11 una crescita su base annuale del 4,5% nel 2017.
Traduzione a cura della Redazione
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