di Emilio Granados Franco
[Forum Economico Mondiale]
Una visione complessivamente semplicistica dell’economia globale ha alimentato per decenni il negazionismo e lo scetticismo rispetto al clima. Alcuni oppositori delle politiche di mitigazione del cambiamento climatico sostengono che raggiungere qualsiasi progresso richiederebbe un’impossibile retroattività della nostra economia e comporterebbe una perdita di profitti e posti di lavoro. In realtà, in diversi modi, l’azione per il clima aiuterà le imprese ad essere più resilienti nell’economia del futuro.
Aspetto significativo è che il rapido diffondersi dell’epidemia da Covid-19 ha dato al mondo l’opportunità di verificare l’ipotesi di se e come una paralisi economica potrebbe avere un suo impatto sulle condizioni climatiche.
I dati iniziali suggeriscono che le emissioni annuali del 2020 potrebbero diminuire di qualcosa come il 7% a livello globale a causa della diminuzione della domanda mondiale di energia. L’effetto benefico di breve termine potrebbe durare sino al 2025, anche se le economie riaprissero e le restrizioni ai viaggi fossero allentate. Inoltre, anche quando le economie saranno tornate alla loro piena capacità potrebbero verificarsi cambiamenti nell’ambito del lavoro in senso climate-friendly, come ad esempio mantenere la pratica delle conferenze a distanza e ridurre i viaggi.
Se questi dati sono incoraggianti, la realtà è che le paralisi economiche sono insostenibili e qualsiasi passo in avanti compiuto nel quadro della riduzione delle emissioni di gas serra sarà annullato da un ritorno alla routine di sempre, soprattutto nei settori industriali più inquinanti. Questo avviene in particolare all’interno di un ambiente geopolitico in cui l’allineamento verso obiettivi comuni si è dimostrato più sfuggente. E senza il sostegno della comunità imprenditoriale, l’azione sul cambiamento climatico potrebbe essere destinata al fallimento.
La buona notizia è che l’impegno per l’ambiente è più forte rispetto agli anni passati ed è possibile intraprendere attività per il clima benefiche anche per le imprese. Ogni anno, il Forum Economico Mondiale conduce il suo Sondaggio d’Opinione Esecutivo, contattando migliaia di leader imprenditoriali di tutto il mondo. Tra le varie domande, l’indagine chiede loro di identificare i principali rischi per l’attività economica nei rispettivi paesi nel prossimo decennio. Quest’anno, il sondaggio è stato condotto tra gennaio e luglio, proprio durante lo scoppio e la diffusione del Covid-19 a livello globale. La domanda relativa ai rischi ha ricevuto 12.012 risposte da 127 Paesi.
La nuova Mappa Interattiva dei Rischi Regionali per l’Attività d’Impresa pubblicata dal Forum Economico Mondiale evidenzia che tutti e cinque i rischi ambientali inclusi nel sondaggio sono saliti in graduatoria e sono nella top-10 delle preoccupazioni globali per le imprese. La “perdita di biodiversità” e le “catastrofi naturali” si sono piazzate rispettivamente al secondo e al terzo posto tra i rischi che crescono di rilevanza, dall’ottavo e dal settimo in cui si trovavano in precedenza. Non sorprende che la voce “malattie infettive” sia in cima alla classifica.
In Europa e nell’Africa subsahariana a risalire la classifica sono stati tutti e cinque i rischi ambientali, mentre in America Latina e Caraibi e nell’area MENA sono quattro. Nella regione Asia-Pacifico, tre rischi ambientali rappresentano una preoccupazione primaria per l’economia, mentre sono due quelli in cima alla graduatoria in Nord America.
Se il mondo riuscisse a superare l’emergenza Covid-19 avremmo non soltanto un successo nella lotta alla pandemia globale ma avremmo anche i dati e il sostegno necessario per proseguire nella transizione mondiale verso un’economia sostenibile. I riallineamenti nelle politiche dei governi saranno una sfida strategica.
L’impatto delle paralisi del mercato sulla vita e sul reddito delle persone ha costretto la maggior parte dei governi ad estendere in modo rilevante il loro ruolo nelle rispettive economie. Sono stati e sono tutt’ora impiegati pacchetti di risposta per migliaia di miliardi di dollari, sono stati modificati i regolamenti più rigidi e sono tutt’ora in fase di elaborazione decisioni politiche fondamentali. Più che in qualsiasi altro momento dal secondo dopoguerra, l’azione dei governi provocherà probabilmente cambiamenti strutturali permanenti nelle economie nazionali, nelle economie regionali e nell’economia globale.
Ciononostante è ancora preoccupantemente poco chiaro come – o addirittura se – molti governi adotteranno politiche sostenibili all’interno dei loro piani per la ripresa. I vincoli di spesa pubblica, le promesse elettorali e la retorica populista rischiano di rafforzare la convinzione errata che la crescita economica vada barattata con l’azione per il clima. Come il Rapporto sui Rischi da Covid-19 del Forum Economico Mondiale ha indicato, alcuni governi hanno allentato, sospeso o ridotto i regolamenti di protezione ambientale per potenziare l’attività industriale e queste decisioni politiche rischiano di diventare permanenti e di provocare una grave battuta d’arresto ai danni della sostenibilità nel lungo periodo.
L’emergenza Covid-19 ci dirà come, quando e dove il mondo può andare avanti verso una nuova economia della natura senza perdere di vista le sfide sociali e tecnologiche che questa comporta. Allo stesso tempo, la mappa dei rischi regionali evidenzia che la comunità imprenditoriale mondiale è sempre più preoccupata per il futuro del pianeta, anche durante una fase in cui il potenziamento della produzione e la creazione di posti di lavoro costituiscono una priorità assoluta.
I governi non dovrebbero perdere questa inedita finestra di opportunità, sfruttando le loro aumentate capacità e i loro più estesi poteri – insieme alla dimostrata preoccupazione economica – per assicurare una ripresa sostenibile.
Traduzione a cura della Redazione
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