Alessandro Zamporlini: A Singapore ho trovato la mia dimensione, promuoviamo il Made in Italy in Asia

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In foto: Alessandro Zamporlini (dx) con Fabrizio Marcucci di Sprint Filter (sx)



Da Genova a Singapore. È stato questo il lungo percorso che Alessandro Zamporlini, classe 1975, ha compiuto per la prima volta ormai più di vent’anni fa, scoprendo nella città-Stato una fucina di opportunità. Oggi è socio fondatore di Project39, un’azienda di servizi operante nel settore moto, che propone sul mercato locale alcuni importanti marchi del Made in Italy (Sprint Filter, Bitubo, Domiano Racing, Sc Project, Irc Components, Cnc Racing e Nils Lubricants). Scoperta la sua storia quasi per caso, abbiamo deciso di contattarlo per saperne di più.

A cura della Redazione


Alessandro, benvenuto su Scenari Internazionali. Singapore è senz’altro una città dalle tante opportunità, ma allo stesso tempo molto competitiva e selettiva, dove non è facile affermarsi o comunque individuare spazi di mercato in cui inserirsi in modo efficace. Com’è iniziata la tua avventura?
Sono stato per la prima volta a Singapore nel 2000, in vacanza. La città-Stato mi ha subito impressionato per l’ordine, la pulizia e la cura del verde. Mi ha colpito molto anche la gentilezza delle persone e me ne sono subito innamorato.
All’epoca ero molto giovane e lavoravo nel settore dell’automazione elettronica a Genova. Nel 2005, in un momento di crisi, sono finito in cassa integrazione e durante quell’anno ebbi modo di soggiornare altre due volte a Singapore per poi trasferirmici definitivamente nel 2006. Consigliato anche da alcuni amici italiani, ho deciso di puntare sulla ristorazione. Mi preparai per circa cinque mesi presso l’attività di un amico a Genova, non chiedendo soldi ma soltanto la possibilità di imparare a cucinare, per realizzare il mio sogno di andare a vivere a Singapore. Ad un certo punto fui chiamato dai miei contatti italiani per lavorare in un ristorante-pizzeria nei pressi della spiaggia e non persi l’occasione.
I primi tre mesi sono stati estenuanti ma mi hanno dato l’occasione di conoscere alcuni italiani che lavoravano lì. Attraverso questi contatti sono riuscito ad entrare in una compagnia petrolifera in qualità di responsabile officina. Questa esperienza, durata tre anni, mi ha permesso di conoscere meglio il mercato del lavoro singaporiano, sicuramente molto avanzato e pieno di opportunità ma allo stesso tempo estremamente carente di manodopera specializzata, in gran parte importata stagionalmente dalla vicina Malesia o da altri Paesi.
A seguito della crisi del 2009, l’azienda ha dovuto tagliare diversi posti di lavoro e sono stato costretto a tornare in Italia mantenendo comunque sempre il desiderio di poter raggiungere nuovamente l’Estremo Oriente. Dopo aver cominciato a lavorare come tecnico per un’azienda italiana operante nel settore navale e aver girato quasi tutto il mondo, ho trovato un buon contratto in un’altra azienda navale come technical manager e nel 2012 ho finalmente ottenuto il mio nuovo pass per Singapore.
Nel frattempo, a partire dal 2013, ho comunque trovato il tempo per coltivare la mia passione di sempre, cioè le moto, dapprima facendo ingresso in un’azienda come socio, poi in un’officina/ricambi di un noto pilota singaporiano, che mi ha permesso di entrare in contatto con una maggior platea di clienti e fornitori locali, ed infine entrando a far parte di Project39 nel 2016, assieme ad un altro socio italiano. Lo scorso aprile, anche a causa di problemi fisici, ho abbandonato il mio lavoro sulle navi e il mondo delle moto è diventato il mio impegno a tempo pieno.

Dopo tutti questi anni passati a Singapore, sei ormai un residente permanente (PR) a tutti gli effetti. Anche grazie al tuo matrimonio con una ragazza malesiana di etnia cinese, hai potuto conoscere meglio la realtà del Sud-est asiatico in tutti i suoi aspetti. Come ti sei spiegato il successo di questa particolarissima metropoli indipendente?
Il governo singaporiano dispone di molte risorse perché in passato il vecchio primo ministro [Lee Kuan Yew, ndr] non ha sperperato ma utilizzato bene le risorse. Senza di lui, oggi Singapore sarebbe ancora un territorio molto arretrato. Nella vicina Malesia, ad esempio, dove lo sviluppo socio-economico è rimasto più indietro, ci sono tutt’ora divisioni e dissapori sociali: in particolare, alcuni malesi etnici mal sopportano i cinesi malesiani per le loro maggiori capacità nell’ambito degli affari. Nella città-Stato, invece, c’è una sostanziale coesistenza e la maggioranza cinese etnica [circa il 76% della popolazione nazionale, ndr] convive tranquillamente con le minoranze: malesi (15%), indiane (7,5%) ed altre.
Non tutto, ovviamente, è perfetto. Sembra paradossale ma a Singapore, come dicevo, manca tanta manodopera specializzata perché il livello di istruzione è molto alto, a volte troppo. Diversi giovani, inoltre, sebbene mostrino impegno e buona volontà, restano attratti dal guadagno immediato, come ad esempio nel food delivery, dove le paghe sono molto alte ma logicamente non è possibile programmare un futuro di lungo termine.

La tua storia non è soltanto un esempio di come tanti italiani residenti all’estero sappiano adattarsi e mettere a frutto il proprio intuito e la propria creatività, ma è indirettamente anche un veicolo per promuovere il Made in Italy in un’area del mondo molto lontana dal nostro Paese. Cosa fate esattamente?
Dopo anni di lavoro, contatti e partecipazioni ad eventi, con Project39 ormai proponiamo alcuni tra i più importanti marchi italiani di parti di ricambio per moto. Abbiamo richieste sempre maggiori, non solo da Singapore, dove vendiamo tutti i nostri prodotti, ma anche dalla Malesia e dall’Indonesia, dove ne vendiamo alcuni, attraverso canali che abbiamo costruito negli anni. I nostri servizi non si limitano alla vendita ma includono anche la consulenza e l’assistenza al cliente.
Già tra il primo e il secondo anno di attività le vendite erano cresciute del 40%, mentre tra il secondo e il terzo del 60-70%. Nonostante la crisi innescata dalla pandemia, siamo riusciti ad andare avanti sfruttando pure l’on-line. Chiaro che per un settore come il nostro, l’attività in presenza è difficilmente sostituibile.
Ad ogni modo non facciamo solo conoscere e vendere il Made in Italy ma contribuiamo a sviluppare nuove parti per veicoli che sono esclusivi per il mercato asiatico. Raccogliamo infatti feedback e problematiche dai clienti, le esponiamo ai nostri fornitori con modifiche e nuove idee. Non è vendere e basta, è crescere assieme.




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