Aumento tassi. UBP: Meeting FOMC, Fed ‘moderatamente falco’ ma non sorprende i mercati

image_pdf

A cura di Olivier Arpin
[Economist di Union Bancaire Privée – UBP]



Olivier Arpin © UBP
Come largamente atteso e ampiamente prezzato dai mercati, la Fed ha aumentato i tassi di 25 punti base, portandoli dall’1,75% al 2%. Una delle questioni-chiave del meeting era capire se le previsioni dei governatori sul livello dei tassi avrebbero mostrato quattro aumenti nel 2018 anziché i tre evidenziati a marzo. Otto policy maker ora si aspettano quattro o più rialzi per l’intero anno al posto dei tre immaginati finora. La mediana stimata per il 2019 è passata da un 2,9% a un 3,1%, mentre è rimasta invariata per il 2020 al 3,4%.

Sull’inflazione, la dichiarazione secondo cui i membri del Comitato [Federale del Mercato Aperto – FOMC, ndr] «monitoreranno attentamente l’inflazione» è stata rimossa, probabilmente perché i dati sono stati forti e hanno dato loro fiducia. Quanto all’economia, nel corso del meeting è stato affermato che «l’attività economica è cresciuta a un tasso solido», anziché come detto a marzo «a un tasso moderato», con una ripresa nella spesa delle famiglie e una crescita robusta degli investimenti fissi delle imprese.

Tuttavia, malgrado i tagli fiscali, l’aumento della spesa pubblica e il fatto che la disoccupazione sia calata al livello previsto dalla Fed per fine anno, le dichiarazioni continuano a vedere «rischi per l’outlook economico come sostanzialmente bilanciati» (ciò significa che per la Fed la probabilità di una crescita più forte degli USA è in linea con i rischi per una crescita più debole), mentre la politica monetaria è ancora vista come «accomodante».

Guardando alle previsioni trimestrali, il FOMC ora si aspetta che la disoccupazione scenda al 3,6% nel quarto trimestre (sulla base di una stima mediana) e al 3,5% sia nel 2019 che nel 2020 (contro un 3,6% di marzo). Sull’inflazione, le previsioni dei policy maker stimano un 2,1% sia per il 2018 che per il 2019 dall’1,9% e 2% rispettivamente previsti a marzo. Anche per il PCE core, la stima per il 2018 è aumentata rispetto a marzo, passando dall’1,9% al 2% e il FOMC ha ancora una volta sottolineato che il target è «simmetrico». Infine, la stima media per la crescita del PIL è salita al 2,8% dal 2,7% di marzo, mentre le proiezioni per il 2019 e il 2020 sono rimaste invariate, rispettivamente al 2,4 e al 2%.

Sono rimaste uguali anche le previsioni per la crescita del PIL e il tasso di disoccupazione di più lungo termine, implicando un maggior grado di surriscaldamento dell’economia nel breve termine. Il fatto poi che il presidente della Fed vorrà tenere una conferenza stampa alla fine di ogni meeting non ha sorpreso più di tanto. Suggerisce, infatti, che la Fed non vorrà essere costretta a modificare la sua politica sui tassi solo in occasione delle riunioni trimestrali.

Nel complesso, con le affermazioni positive sull’economia, il (modesto) miglioramento delle previsioni economiche, l’aumento del numero di rialzi dei tassi e l’assenza di riferimenti ai rischi internazionali, l’esito di questo incontro può essere considerato come (moderatamente) falco, ma ciò non sembra comunque rappresentare una grande sorpresa per i mercati.


Fonte: Verini & Associati