[Le Monde]
La reazione non si è fatta attendere. Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, si è detto pronto ad adottare «contromisure» verso gli Stati Uniti se le nuove sanzioni economiche contro la Russia, promulgate mercoledì 2 agosto da Donald Trump, dovessero danneggiare le imprese europee. «Siamo preparati: dobbiamo difendere i nostri interessi economici e lo faremo», ha affermato Juncker ai microfoni della radio tedesca ARD. Indubbiamente, non è un caso: si tratta soprattutto delle grandi aziende tedesche attive nel settore dell’energia, che potrebbero vedere minacciati i loro interessi in Russia. E c’è il progetto del gasdotto Nord Stream 2, in procinto di collegare la Russia alla Germania, che sarebbe ostacolato.
Juncker aveva chiesto al suo staff di preparare un’eventuale risposta al piano statunitense, che mira in primo luogo al settore energetico russo ma anche alla Corea del Nord e all’Iran. Si è detto «soddisfatto» che la versione iniziale del testo è stata rivista e che le sanzioni non possono – in teoria – essere decise senza una concertazione con gli alleati degli Stati Uniti. «Ad oggi, devo ritenere che ancora siamo alleati», ha spiegato il presidente della Commissione.
Se l’Unione intende esercitare un suo ruolo di vigilanza, è perché il piano di Washington punta al trasporto energetico, al mantenimento della canalizzazione del gas russo verso l’Ucraina e, forse, alla diversificazione nell’approvvigionamento dei Paesi baltici. Juncker, tuttavia, mercoledì non ha parlato del Nord Stream 2, un progetto che divide ancora gli Stati membri dell’Unione e che rischia, in realtà, di aumentare la dipendenza dell’Europa – e della Germania in particolare – dalla Russia e dal gigante energetico Gazprom, che copre già il 45% del fabbisogno di gas dell’Eurozona. Il contratto di finanziamento (oltre 9 miliardi di euro) è stato chiuso ad aprile, ma diversi Paesi dell’Est Europa e varie associazioni ecologiste continuano ad opporsi alla realizzazione del progetto, che dovrebbe diventare operativo nel 2019.
Se l’Unione Europea si rifiutasse di diventare ancor più dipendente dalla Russia – nei cui confronti mantiene, per altro, una propria politica di sanzioni – essa dovrà orientarsi verso altri fornitori. Non sono molti e tra questi spiccano… gli Stati Uniti. Divenuti il primo produttore mondiale di gas di scisto, essi tentano di esportare massicciamente il loro gas naturale liquefatto (GNL), presentandolo come un’alternativa alla produzione russa. Da qui il sospetto che, al di là delle sanzioni contro Mosca, i parlamentari del Congresso americano vogliano soprattutto favorire le loro imprese ostacolando Nord Stream 2, che descrivono come «fattore di rischi» per l’Unione Europea.
«Guerra economica totale»
Trump, da parte sua, ha ratificato senza entusiasmo – e senza l’abituale presenza delle telecamere – il testo che gli è stato imposto dal Congresso, giudicandolo «significativamente imperfetto» e inclusivo di clausole «non conformi alla Costituzione». I legislatori americani intendono sanzionare ufficialmente Mosca per l’annessione della Crimea, il suo ruolo in Ucraina e soprattutto l’ingerenza sulle elezioni presidenziali statunitensi.
Malgrado le sue evidenti reticenze e i suoi timori di vedere complicarsi ulteriormente i rapporti col Cremlino, il presidente americano non ha opposto il proprio veto: il piano è stato approvato quasi all’unanimità e, se si fosse opposto, avrebbe dovuto essere rivotato con i due terzi del consesso, così come prevede la procedura costituzionale. «Promulgo questa legge nel nome dell’unità nazionale», ha precisato Trump, lamentando la limitazione dei suoi margini di manovra e della sua capacità di approcciarsi «alla Cina, alla Russia e alla Corea del Nord».
Mosca ha reagito mercoledì sera sostenendo che la promulgazione «non cambia niente». Come rappresaglia, il Cremlino ha ordinato lo scorso fine settimana l’espulsione di 755 dei 1.200 funzionari diplomatici e consolari americani presenti nella capitale russa. Il primo ministro Dmitrj Medvedev ritiene che le nuove sanzioni costituiscano «una dichiarazione di guerra economica totale contro la Russia».
Traduzione a cura della Redazione
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